Un secolo fa, il giorno 8 gennaio 1921, nasceva a Racalmuto – in provincia di Agrigento – Leonardo Sciascia, uno dei più complessi intellettuali italiani del secondo novecento; un uomo semplice che indagava la realtà della sua Sicilia, analizzandola in dibattiti fruttiferi nelle sue ipocrisie – che spesso dettero vita a dure polemiche pervia delle sue prese di posizione su politica e giustizia – con un dialogo politico e sociale veramente necessario al giorno d’oggi.

Esordisce come scrittore nel 1950, con il libro di poesie “Favole della dittatura” – recensito splendidamente da Pier Paolo Pasolini – a cui seguono “Gli zii di Sicilia” – nel quale emerge la sua forte formazione illuminista ispirata da Voltaire – e “Le parrocchie di Regalpetra” – dedicato al suo periodo da insegnante – e i saggi “Morte dell’inquisitore” e “Feste religiose in Sicilia”, iniziando, nel 1969, una complessa e proficua collaborazione con il Corriere della Sera.

In ambito giallo, sono meritevoli di citazione i racconti “La scomparsa di Majorana” – sulla sparizione del celebre fisico italiano – e “Il teatro della memoria”; da ricordare, in quanto trasposti al cinema, Il Giorno della Civetta del 1968 diretto da Damiano Damiani, e la pietra miliare Todo Modo del 1976 – del leggendario duo Elio Petri & Gian Maria Volontè – con un cast di attori del calibro di Marcello Mastroianni, Ciccio Ingrassia, Renato Salvatori, Michel Piccoli  e Mariangela Melato, meritevole di numerosi oscar per le interpretazioni e la sceneggiatura.

Sul versante politico, diventa consigliere comunale a Palermo nel 1975 come indipendente del Pci, candidandosi nel 1979 nelle liste radicali in Europa e alla Camera dei deputati – optandovi dopo due mesi a Strasburgo – dichiarando, pubblicamente, la sua simpatia al Psi e criticando il “compromesso storico” del Pci, insieme al pentitismo e il “presunto uso della tortura nella lotta al terrorismo.

Per anni, il suo impegno nel tentare di narrare i segreti e i meccanismi di potere della Sicilia – partendo da quello mafioso – finì per procurargli isolamento e critiche non solo dal mondo della cultura, ma anche da quello della politica di sinistra – in particolare dopo l’articolo del 1987 “Contro i professionisti dell’antimafia” – per via dell’impossibilità obiettiva di distinguere tra le diverse ottiche della verità e della menzogna negli ambiti civili, sociali e di costume.

Fonte articolo: ansa.it & wikipedia.org

Fonte foto: commons.wikimedia.org

FONTEAnsa.it
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