Il complesso monastico dei santi Severino e Sossio è uno dei più grandi ed importanti della città di Napoli.
Fondato dai monaci di san Benedetto nel X secolo, doveva inizialmente essere dedicato solo a san Severino, ma il ritrovamento delle ossa di san Sossio, parente di san Gennaro e con lui martirizzato, convinse i religiosi a ricordare anche questi nella denominazione del complesso monumentale.
La struttura è legata, in particolare, alle vicende della potente famiglia nobile dei Sanseverino, che nel 1394 ivi riunirono un parlamento in sostegno di Luigi II d’Angiò, e che, nella Chiesa, riservarono per sé una meravigliosa cappella.

È proprio intorno alla cappella, che si svolge la nostra leggenda.
Stupita dalla bellezza della chiesa, la Contessa Ippolita de Monti di Saponara, decise di acquistarne una porzione, per destinarla alla futura sepoltura sua e di suo marito, il Conte Ugo Sanseverino.
Ma, ironia della sorte, mentre era intenta a progettare il luogo del proprio eterno riposo, la Contessa fu colpita da un terribile lutto.

Nel ‘400 il potere dei Sanseverino era momentaneamente tramontato, a causa del sostegno che avevano prestato agli Angioini in lotta con gli Aragonesi.
Il Conte Ugo, però, era riuscito a riottenere feudi e ricchezze, giurando fedeltà al nuovo re, mentre nulla era rimasto a suo fratello Girolamo.
In più Ugo e Ippolita avevano generato ben tre figli maschi, quindi le possibilità che quest’ultimo ereditasse erano completamente svanite.
Ma Girolamo era uomo senza scrupoli e, per accorciare la linea di successione, decise di avvelenare i nipoti durante un banchetto, contando sulla protezione dei suoi potenti amici, per affrontare il successivo processo.

In effetti, però, non ce ne fu bisogno, poiché il Conte, padre dei giovani assassinati, preferì il nome del casato alla vendetta e fece manipolare il processo in favore del fratello.
La Contessa, invece, pazza per il dolore, secondo la leggenda, fece un patto con il Diavolo e scagliò una maledizione sui Sanseverino.
Sta di fatto che, in breve tempo, il Conte Ugo morì, vari feudi furono colpiti dalla pestilenza e la famiglia perse Palazzo Sanseverino (dove oggi sorge la Chiesa del Gesù nuovo).

Nonostante le maledizioni e un nuovo processo, Ippolita non riuscì a vendicarsi dell’assassino e, ormai vinta, si decise a porre una conclusione alla vicenda tornando al suo progetto iniziale.
Fece quindi scolpire da Giovanni da Nola, un gruppo monumentale funebre, per sé e per i propri figli, da porre nella cappella che aveva fatto acquistare nel complesso dei santi Severino e Sossio.
Nella scultura i tre giovani appaiono seduti, e non sdraiati come da tradizione (a testimonianza della morte prematura), intenti a guardarsi reciprocamente, come se conversassero.

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