Nel lontano gennaio del 1923 alcuni operai scoprirono fortunosamente una tomba romana nei pressi della chiesa di S. Barbara a Caivano. Questa scoperta straordinaria sembrò così lontana dalla realtà e dai luoghi che oggi la circondano. Caivano era un grosso borgo agricolo, privo di testimonianze archeologiche di superficie e la cui memoria storica risaliva fino al basso Medioevo.

Eppure sappiamo che fu abitata anticamente da piccoli nuclei di osco-sanniti, per essere interessato successivamente da ondate migratrici di atellani in fuga dalla loro città. Dopo la seconda guerra punica, quando nel 216 Atella fu saccheggiata e distrutta, il piccolo villaggio osco si popolò fino ad assumere i caratteri di un vero e proprio centro abitato, chiamato praedium Calavianum o Calvanium, ovvero podere della gens Calavia, una famiglia capuana che aveva mostrato fedeltà a Roma durante la guerra punica.

Nello sterro del giardino di proprietà del Sig. Simone Serrao in via Principessa Margherita n° 59, attualmente via Libertini, mai nessuno avrebbe pensato di trovarvi una tomba gentilizia, databile alla fine del I secolo – inizi del II secolo d.C., che si configura come una camera a pianta quadrata, coperta con volta a botte su cornice aggettante, che presenta lungo le pareti tre letti funebri dove, secondo il rito dell’inumazione, erano deposti i defunti e presenta una ricca ed articolata decorazione dipinta.

A conferma pochi anni dopo nel 1930, furono rinvenuti in quattro cortili della zona più antica di Caivano, fra le vie Don Minzoni e Capogrosso, dei vasi, ovvero dolii di epoca tardo-sannitica, risalenti al V sec. a.C., sicura testimonianza che il centro era abitato.

I lavori sono continuati negli anni, ma è andato poi nel dimenticatoio, con un restauro che oggi ha portato la ricostruzione nel cortile del Museo Archeologico Nazionale di Napoli ed è uno dei monumenti individuati come oggetto di studio e di ricerca nell’accordo stipulato nel 2002 tra la Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province di Napoli e Caserta e il Centro di Eccellenza per la restituzione computerizzata di manoscritti e monumenti della pittura antica, della Università Federico II di Napoli. Attualmente è nel giardino della Vanella del MANN e per le sue caratteristiche strutturali rimarrà quasi completamente interrata la tomba e sarà visibile dal pubblico solo tramite una scalinata, per i diversamente abili sarà creato un sistema di accessibilità virtuale tridimensionale.

Questa importante opportunità sarà proposta da giugno 2021 e l’ipogeo di Caivano sarà conservato e ricostruito nel museo così rivede la luce e presto sarà riaperto al pubblico. Ad annunciarlo via social il direttore del Mann, Paolo Giulierini, con un post: «Con il recupero del terzo giardino sarà possibile visitare l’ipogeo di Caivano con le sue spettacolari pitture di cui parte ora il restauro. Un’altra offerta en plein air del Mann è in preparazione».

FONTEfonte immagini video youtube Titti Perrone
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