Oggi 31 gennaio alle ore 11.30 si è svolta la conferenza stampa di presentazione della mostra “Lascaux 3.0”, al Museo Archeologico Nazionale di Napoli; esposizione che sarà aperta da oggi fino al 31 maggio 2020.

Per la prima volta in Italia, il Museo guidato da Paolo Giulierini permetterà di scoprire, nella Sala del Cielo Stellato ed in quelle attigue, il famoso complesso della grotta di Lascaux, un vero e proprio tesoro artistico risalente al Paleolitico Superiore.

Un complesso di caverne che si trova nella Francia sud-occidentale che nel 1979 è stato inserito nell’elenco dei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. Al suo interno vi sono opere di arte parietale con una data approssimativa di 17500 anni fa. Il tema più comunemente rappresentato è quello di grandi animali dell’epoca come l’uro, oggi estinto, resi con ricchezza di particolari. Tra le figure sono esposte la mucca che salta, databile al tardo perigordiano o maddaleniano.

Il sito francese, peraltro, non è più accessibile per ragioni conservative e ha creato una versione itinerante in tutto il mondo. Infatti, l’exhibit in programma al MANN, è stato proposto con un modello ad hoc per l’edificio storico e per le sale museali, e nasce dalla rete stabilita con la Società Pubblica Lascaux- L’Esposizione internazionale, il Dipartimento della Dordogne- Périgord e la Regione della Nouvelle Aquitaine.

Chiamata, appunto “Lascaux 3.0”, la mostra coniuga tecnologia, arte e didattica, che diverrà la premessa simbolica alla presentazione del nuovo allestimento museale della collezione della “Preistoria e Protostoria”, che sarà nuovamente aperta al pubblico dal prossimo 28 febbraio.

Un tuffo nel passato che porterà ad intrufolarsi all’interno delle caverne trasportando gli spettatori in un viaggio ai confini del tempo.

Il complesso di caverne venne scoperto il 12 settembre 1940 da quattro ragazzi francesi: Marcel Ravidat (1922-1995), Jacques Marsal (1926-1989), Georges Agnel (1924-2012) e Simon Coencas (1927). Dopo la fine della seconda guerra mondiale la struttura venne aperta al turismo di massa: sfortunatamente 1955 l’anidride carbonica prodotta dai 1.200 visitatori giornalieri danneggiò visibilmente le pitture, per questo motivo nel 1963 le caverne vennero chiuse al pubblico e i dipinti furono restaurati per riportarli al loro stato originale.

Il complesso roccioso presenta oltre 900 animali e 605 di questi sono stati identificati con precisione. Di queste immagini, ci sono 364 dipinti di equini e 90 dipinti di cervi. Sono rappresentati anche bovini e bisonti, sette felini, un uccello, un orso, un rinoceronte e un umano.

L’arte primitiva si racconta nel Museo Archeologico di Napoli per sbalordire ancora una volta i visitatori, creando una magia temporale per far sognare e tornare indietro nel tempo, da bambini… primitivi.

FONTEmuseoarcheologiconapoli.it
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