Sita nelle vicinanze di Città del Messico, nei pressi del lago Xochilmico, in un’area degli ex “giardini galleggianti” che furono creati allo scopo di aumentare la produzione agricola, la cosiddetta “Isla de Las Munecas” nacque intorno agli anni Cinquanta quando vi giunse Don Julian Santana Barrera, che aveva deciso di abbandonare la famiglia per vivervi da eremita, allo scopo di portare a termine una missione spirituale. Barrera, diverso tempo dopo, vide annegare una ragazzina senza riuscire ad arrivare in tempo per poterla condurre in salvo e subito dopo, nel punto della sua dipartita, sbucò una bambola che recuperò, convinto che il suo fantasma aleggiasse sull’isola, e legò l’oggetto a un albero come forma di rispetto, continuando però a sentirsi perseguitato dallo spettro della bimba.

Forse a causa di questo, si mise alla ricerca di quante più possibili bambole arricchendone l’isola, fino a farle diventate un’enormità, di qualunque tipo o misura, anche mutilate, deformi, sporche e con lo sguardo sofferente, come se vi fosse presente un’anima, mentre lui parlava e cantava con loro, prendendosene cura di loro, arrivando a coltivare il terreno per nutrirle. Julian Santana Barrera perse la vita nel 2001, annegando nel punto del canale dove era morta la ragazzina e, secondo alcuni, è stato ucciso dalle bambole possedute dagli spiriti maligni, diventate finalmente le uniche regnanti dell’Isola delle bambole, che è poi diventata famosissima, attirando l’attenzione di molte persone che si occupano di mistero e paranormale, in quanto il luogo sembra pervaso da un’energia soprannaturale e inquietante, infestato dagli spiriti e sicuramente maledetto. Si racconta che il regista Tim Burton l’abbia voluta visitare nel 2012, in cerca di ispirazione da tramutare in un nuovo film, ritrovandosi in un luogo spettrale che lascia senza fiato, dove molte persone riferiscono che le bambole possono seguirti con lo sguardo e si possano udire fanciullesche risate provenire dagli alberi alle quale sono legate.

 

 

Fonte foto: flickr.com

FONTEbrividihorror.it
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