Lo scorso 18 maggio è entrata in vigore, dopo 25 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, la legge 12 aprile 2019 n. 31, che introduce nell’ordinamento italiano l’azione di classe (la c.d.«class action»).

La class action è un’azione legale condotta da uno o più soggetti, appartenenti a una categoria omogenea, che consente la soluzione di una questione comune di fatto o di diritto con effetti ultra partes per tutti i componenti presenti e futuri della categoria.

Specificamente, la legge n. 31/2019 ha esteso la class action a tutti coloro che lamentano una violazione di diritti individuali omogenei.

Ne consegue che l’ambito di applicazione soggettivo non sia limitato alla tutela dei consumatori, ma si estenda a qualsiasi classe di soggetti, consumatori o imprese. A ciò si aggiunga che la nuova disciplina prevede la possibilità di una quota lite per gli avvocati e un compenso per il rappresentante di classe, soggetti più incentivati a rendersi promotori di azioni collettive.

Le disposizioni della Legge si applicano alle condotte illecite poste in essere successivamente alla data della sua entrata in vigore. Le condotte illecite avvenute precedentemente continuano ad essere disciplinate dalle norme vigenti prima della medesima data.

La legge n. 31/2019ha abrogato le corrispondenti azioni di classe contenute nel Codice del Consumo. Attraverso il collocamento della disciplina nel Titolo VIII-bis del codice civile (rubricato «Dei procedimenti collettivi»), è stato eliminato ogni riferimento a consumatori e utenti.

A norma dell’art. 840-bis comma 1 c.c., si evince che l’azione di classe può essere promossa da tutti coloro che avanzino pretese risarcitorie in relazione alla lesione di «diritti individuali omogenei». In particolare, la class action è esperibile a tutela delle situazioni soggettive maturate a fronte di condotte lesive, per l’accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni.

Titolari dell’azione sono ciascun componente della «classe», nonché le organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro iscritte in un apposito elenco istituito presso il Ministero della giustizia. I potenziali destinatari dell’azione collettiva sono le imprese e gli enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle loro attività.

In aggiunta, ai sensi dell’art. 840-quaterdecies, il Tribunale, fino alla discussione orale della causa, può formulare una proposta transattiva o conciliativa alle parti; in alternativa, dopo la sentenza che accoglie l’azione ex art. 840-sexies, il rappresentante comune degli aderenti può stipulare con l’impresa resistente un analogo schema di accordo di natura transattiva.

L’art. 840-quaterdecies prevede un termine entro il quale possono essere formulate contestazioni da parte di ciascun aderente, decorso inutilmente il quale il giudice delegato autorizza il rappresentante comune a stipulare l’accordo transattivo.

L’accordo può riferirsi anche al risarcimento del danno o alle restituzioni in favore degli aderenti che abbiano accettato o non si siano opposti all’accordo stesso. In entrambe le ipotesi, l’accordo transattivo costituisce titolo esecutivo e titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

Quali sono le possibili ripercussioni della novella in ambito condominiale?

La qualificazione del condominio come consumatore e quindi la titolarità soggettiva dello stesso di esperire la class action, era stata oggetto di acceso dibattito a livello giurisprudenziale e dottrinale, culminato con l’intervento della Corte di Giustizia Europea.

Nel caso di specie, la questione pregiudiziale nasceva dalla controversia sorta tra un condominio e una S.p.A., relativa a un contratto di fornitura di energia termica intercorso tra i due. In tale ambito il Tribunale di Milano chiedeva alla Corte di valutare se anche il condominio di diritto italiano potesse considerarsi consumatore nell’accezione fornita dalla direttiva 93/13/CEE, dettata in tema di clausole abusive nei contratti stipulati tra professionisti e consumatori, che qualifica come consumatore la persona fisica che agisce per fini non riconducibili all’attività professionale svolta.

La Corte di Giustizia Europea ha accolto le ragioni dei condomini. Secondo la Corte, affinché una persona possa rientrare nella nozione di consumatore, devono essere soddisfatte due condizioni cumulative, vale a dire che si tratti di una persona fisica e che quest’ultima svolga la sua attività a fini non professionali.

Purtuttavia, nell’ordinamento giuridico italiano, un condominio è un soggetto giuridico non qualificabile né come persona fisica né come persona giuridica.

Invero, la Cassazione in Italia ha sviluppato un orientamento giurisprudenziale volto a tutelare maggiormente il consumatore, estendendo l’ambito di applicazione della tutela prevista dalla disciplina per i consumatori a un soggetto giuridico, quale il condominio, che nel diritto italiano non è una persona fisica. Secondo la Corte di Giustizia Europea, tale orientamento giurisprudenziale mira con tutta evidenza a tutelare i consumatori; di conseguenza le norme a tutela dei consumatori possono essere applicate ai contratti conclusi con professionisti da un soggetto giuridico quale il condominio.

L’entrata in vigore della legge n. 31/2019, estendendo l’ambito soggettivo di applicazione della legge sulla class action, ha eliso le incertezze interpretative sopra menzionate. Ne consegue che il condominio potrà esperire l’azione di classe in caso di controversie nell’ambito dei contratti di fornitura, manutenzione, servizi e in generale in tutte le ipotesi di responsabilità contrattuale e extracontrattuale.

L’accesso alla class action condominiale presenta essenzialmente il vantaggio della riduzione dei tempi e dei costi del processo (vantaggio che si rispecchia anche sull’organizzazione della giustizia) e risponde all’ esigenza di garantire maggiormente la tutela giurisdizionale, svolgendo altresì una funzione di deterrenza verso comportamenti lesivi degli interessi giuridici del condominio, derivanti anche da pratiche commerciali scorrette o da condotte anti-concorrenziali.

 

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