Da tempo assistiamo allo scontro tra i noti principi costituzionali del diritto di difesa dell’art.24 e del giusto processo dell’art. 111 della costituzione con il divieto di testimonianza e del giuramento nel processo tributario.

Sin dal vecchio testo del DPR. N. 636/72, istitutivo del contenzioso tributario, sostituito dal decreto legislativo n. 546/1972, la celerità del processo tributario ha impedito il ricorso alla testimonianza e al giuramento nel suo corso: infatti esiste un preciso divieto di testimonianza e di giuramento. Le ragioni che sono state a base del predetto divieto sono tante, per la natura documentale del processo tributario, per la sua speditezza, e per una certa sfiducia verso gli eventuali testimoni, probabilmente non proprio liberi nelle loro dichiarazioni, in quanto, più a favore dei privati contribuenti che dell’amministrazione finanziaria. Però questo espresso divieto è in netta collisione con il diritto di difesa contenuto nell’articolo 24 della Costituzione e con il giusto processo contenuto nell’ art. 111 della costituzione: in effetti nel contenzioso tributario di cui al decreto legislativo n. 546/1972, esiste un vero e proprio squilibrio processuale tra le parti: l’amministrazione finanziaria da una parte e i contribuenti dall’altra.

Infatti solo l’amministrazione finanziaria può regolarmente chiedere informazioni a terzi sull’oggetto della causa tributaria; queste informazioni possono essere utilizzate dalla predetta amministrazione finanziaria come vere e proprie prove testimoniali. Qui esiste una sproporzione processuale: il contribuente non ha la stessa possibilità, stante per lo stesso il divieto già citato. In parte la giurisprudenza ha tentato in un certo modo di riequilibrare le posizioni processuali delle parti, mediante l’utilizzo, nelle more del processo tributario, delle dichiarazioni di terzo, acquisite fuori del processo ed esibite sotto forma di atto pubblico o di atto sostitutivo di notorietà, (per esempio atto di competenza comunale).

Però tali dichiarazioni non possono essere elevate al rango di prove, ma avrebbero solamente un valore indiziario: ciò è emerso da un orientamento costante della giurisprudenza di legittimità. Quindi la strada per giungere ad un vero riequilibrio processuale è ancora in salita. Ci vuole un intervento preciso del legislatore che elimini il divieto di testimonianza e giuramento del contribuente, ammettendola finalmente.

Rimarrebbe solo un’incognita: come garantire la speditezza e la celerità del processo tributario nel caso di ammissione della prova testimoniale e del giuramento del contribuente che, al contrario, potrebbe allungare i tempi processuali?

Queste problematiche, a parere dello scrivente, potrebbero essere affrontate in occasione della prossima riforma della giustizia italiana, così chiaramente sollecitata sia dai giudici che dagli avvocati intervenuti nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2021.

 

 

Fonte: DLGS n. 546/1992.

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