11 gennaio 1999: A Milano, stroncato da un tumore polmonare, muore Fabrizio De André, il più grande cantautore italiano di tutti i tempi, apprezzato da gran parte della critica per i quattordici album incisi in studio, vere e proprie “poesie cantate”, per il poeta Mario Luzi.

Esponente del nucleo di artisti che rinnovò profondamente la musica leggera italiana sotto il nome di Scuola Genovese – al fianco di Bruno Lauzi, Gino Paoli, Umberto Bindi e Luigi Tenco – che ha valorizzato la lingua ligure, unendo nel suo caso anche il gallurese e il napoletano, permettendo la loro rivalutazione in ambienti a loro prima preclusi.

Cantore degli ultimi per aver raccontato, nei testi delle sue canzoni storie di emarginati, ribelli e prostitute, ha visto i suoi “brani poetici” inseriti in varie antologie scolastiche di letteratura, insieme alla consacrazione finale dopo la sua morte, nel vedersi dedicate vie, piazze, parchi, teatri, biblioteche e scuole.

Con lui se ne è andata un’esperienza artistico musicale destinata a non ripetersi facilmente, in grado di guardare il mondo e di mostrarlo a chi non può o non vuole vederlo, nel tentativo di cambiarlo o, almeno, di provarci.

 

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