Da alcuni anni nel Labour Party, lo storico rappresentante della sinistra britannica, è in corso una guerra civile.
L’ala destra “blairiana” e quella di sinistra si affrontano da tempo per definire quale debba essere la linea di un partito che, ormai da anni, affronta una dura crisi.

Ieri questa agitazione interna sembra essere arrivata ad una conclusione.
L’ex leader del Partito Laburista, e rappresentante principale della sinistra del Partito, Jeremy Corbyn, è stato espulso da quest’ultimo con l’accusa di non aver fatto abbastanza per combattere l’antisemitismo nel Labour.

Nel periodo in cui è stato leader del Partito (2015-2020), Corbyn ha spinto il Labour verso concrete politiche in supporto della classe lavoratrice, per la transizione verde e contro le privatizzazioni di epoca tatcheriana.
Il supporto popolare per la nuova linea è arrivato a picchi del 40% e solo una titubanza eccessiva sulla Brexit ha impedito al Partito Laburista di vincere le elezioni del 2019.
Da sempre contro la guerra e l’oppressione razziale, ha favorito ampiamente, tra le altre, la lotta per l’autodeterminazione del popolo palestinese.

In particolare, ad essere incriminata, è la frase con cui Corbyn ha commentato, anni fa, un’inchiesta sull’antisemitismo nel Partito.
Chiunque affermi che non c’è antisemitismo nel Partito Laburista si sbaglia. Certo che c’è, come in tutta la società […] e mi rammarico che ci sia voluto più tempo del dovuto per cambiare le cose […] la portata del problema è stata anche drammaticamente sopravvalutata per ragioni politiche dai nostri oppositori all’interno e all’esterno del partito, nonché da gran parte dei media

Già sotto la sua guida, infatti, come affermano diversi esponenti della sinistra, molti militanti erano stati espulsi con questa accusa.
Ma a formare la maggior parte di queste non erano, come ci si può aspettare da un’accusa di antisemitismo, affermazioni contro il popolo ebraico, quanto più errate interpretazioni della differenza tra antisionismo (contrarietà alla creazione di uno Stato Ebraico in Palestina) e antisemitismo, incentrate per lo più su commenti “a caldo” dopo l’omicidio di palestinesi ad opera dell’esercito israeliano.

Se è grave che un Partito, che afferma di rifarsi agli ideali di quel socialismo che (nelle vesti dell’Armata Rossa) ha liberato Auschwitz nel 1945, lasci spazio a comportamenti antisemiti (e certamente lo è),  ancora più grave è strumentalizzare una accusa così importante per eliminare gli avversari politici.

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