In primo luogo dobbiamo puntare il dito sulla distruzione di ecosistemi incontaminati come la deforestazione selvaggia. In conseguenza di ciò vengono rotti preziosi equilibri ecologici. In una foresta sana virus, batteri e microrganismi vengono tenuti sotto controllo dalle interrelazioni tra animali e piante offerta dall’ecosistema. Quindi distruggere una foresta significa perdere biodiversità, spezzare un equilibrio e offrire ai microrganismi più pericolosi la possibilità di trasmettersi agli uomini. Questi, una volta che vengono, per così dire “sdoganati”, creano delle condizioni favorevoli alla loro diffusione.

Partiamo dalla foresta amazzonica, la più grande della terra. Qui il tasso di deforestazione è aumentato del 30% tra agosto 2018 e luglio 2019 raggiungendo il tasso più alto degli ultimi 10 anni. Sono stati distrutti 9762 Km2, un’estensione pari all’isola di Cipro!

La politica del presidente brasiliano Bolsonaro ha di fatto ostacolato la capacità di combattere la deforestazione dell’Amazzonia favorendo i crimini ambientali perpetrati verso le popolazioni indigene e le comunità forestali. Giusto per capire l’importanza delle foreste della Terra basti pensare che catturano circa 1/3 della CO2 emessa dai combustibili fossili: petrolio, carbone e gas. Le aree deforestate sono adibite a coltivazioni e allevamenti intensivi. Vedi soia e olio di palma, importati dall’UE. L’UE importa dal Brasile anche grandi quantità di carni prodotte dagli allevamenti intensivi.

In dieci anni sono stati distrutti, in Sud America, in Africa e nel Sud-Est asiatico, ben 25 milioni di ettari ricoperti da alberi a fronte di 4 miliardi di ettari globali.

Nel 2015 l’ONU ha approvato un documento nell’ambito degli obiettivi fissati per lo sviluppo sostenibile. Al 15° punto questo documento recita: “Entro il 2020 promuovere l’attuazione di una gestione sostenibile di tutti i tipi di foreste, contrastare la deforestazione, ripristinare le foreste degradate e aumentare la riforestazione”. Sono passati 5 anni e nulla di tutto ciò è stato attuato.

In Italia e in Europa la situazione sembra essere diversa. Le foreste sono in espansione superando le aree agricole, tant’è che in Italia dal 1936 ad oggi l’area occupata dalle foreste è aumentata del 72%.

In secondo luogo il bracconaggio, il trasporto e la vendita di animali selvatici, vivi o macellati, è un’odiosa pratica che   facilita la trasmissione di malattie devastanti tra specie diverse, tra cui l’uomo.

È quindi più che probabile, secondo molti scienziati, che il nuovo coronavirus sia passato dagli animali selvatici all’uomo, probabilmente in mercati asiatici dove si vendono, spesso illegalmente, specie selvatiche, anche protette.

Questo commercio di specie selvatiche muove ogni anno un giro d’affari di ben 23 miliardi di dollari, collegato strettamente con altre reti criminali come quelle della droga e delle armi.

Le specie più contrabbandate sono le scimmie, i pipistrelli, e i serpenti ma quella più ambita in assoluto è il pangolino (una specie a forte rischio di estinzione). Gli scienziati ritengono che possa aver avuto un ruolo importante, assieme al pipistrello, nella trasmissione del coronavirus all’uomo.

Il pangolino è ambito perché ha il corpo è rivestito di scaglie, composte da cheratina, considerata curativa secondo antiche credenze. Inoltre la carne è ritenuta da lacune comunità una vera prelibatezza.

Il fenomeno della trasmissione di malattie dall’animale all’uomo è definito ZOONOSI. Esempi di zoonosi sono la leptospirosi, la rabbia, l’antrace, la SARS, la febbre gialla, l’ebola, oltre che i vari genotipi di coronavirus.

Il momento in cui il patogeno passa da una specie all’altra si chiama SPILLOVER. L’uccisione, il contrabbando e il commercio incontrollato di specie selvatiche come il pangolino e il pipistrello sembra abbia favorito questo passaggio e la conseguente diffusione di malattie come l’attuale SARS-Cov-2.

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