Bandita dalla Legge e rinnegata dalla Chiesa, ‘O juoco d’ ‘a setella era una pratica di divinazione assai diffusa nel napoletano nel 1600, soprattutto tra quelle donne, che da perfette “detective in gonnella”, desideravano scoprire l’identità di un assassino o malfattore. Tale arte magica durante il periodo della caccia alle streghe era eseguita in gran segreto, e proprio perché arte magica, veniva praticata solo da “esperti del settore” come i frati, che attraverso il rituale riuscivano ad incastrare il malvivente.
Il gioco utilizzava un tessuto di seta, da cui lo stesso nome, quale oggetto divinatorio, e per il cerimoniale occorrevano tre persone: il frate e due assistenti o confratelli. Quest’ultimi,  avevano il compito di tenere tesi gli angoli della seta, dove l’attore principale, ossia il frate, infilava le punte di una forbice, iniziando a pronunciare la formula magica seguita a voce alta dai nomi dei presunti indiziati, ed aspettando che le lame emettessero una vibrazione percepibile grazie al tessuto. Questo chiaramente in corrispondenza di un nome, venendo così a conoscenza del vero colpevole.
Il gioco ha origini molto antiche, e pare sia stato introdotto in Italia dai Caldei, ossia un popolo semita che abitava la parte meridionale della Mesopotamia a partire dal IX secolo a. C. L’identificazione dei Caldei come Babilonesi e anche come sinonimo di astrologi si deve allo scrittore greco di origine babilonese Berosso, del III sec. a. C.
Il gioco era talmente entrato nella pratica, negli usi e costumi del popolo napoletano, che antichi testi di giurisprudenza di quel periodo, riportano le cronache di processi in cui i verbali mostrano quest’abitudine divinatoria a causa della quale diversi individui finivano per farsi giustizia da soli, senza ricorrere alla legge e per questo processati.                                                                                          Proprio tra i condannati per ‘O juoco d’ ‘a setella troviamo alcuni frati, che su richiesta dell’aristocrazia e della borghesia napoletana, e facciamo riferimento anche a nomi di spicco, avevano fatto ricorso al rito, per risolvere questioni legate soprattutto ad omicidi in famiglia a causa di eredità. Il gioco, dal Tribunale dell’Inquisizione era paragonato alla stregoneria e pertanto punito esattamente nella stessa maniera.
Ma esiste anche una variante dello stesso, che utilizzava uno specchio ed una candela. I giocatori si ponevano al buio e recitavano le parole magiche del rituale, facendone seguire i nomi degli indiziati. A quel punto pare che comparisse nello specchio l’immagine del presunto reo.

Verità o tradizione popolare, magia o gioco, la divinazione, quale presunta capacità di ottenere informazioni da fonti soprannaturali, ha da sempre affascinato l’uomo, e continuerà a farlo, perché l’essere umano… ha paura dell’ignoto! 

Articolo precedenteTimbrare il cartellino per altri, è un reato di TRUFFA!
Articolo successivoIl Cielo Stellato sopra di me
Dott.ssa Assunta Mango, laureata in economia all’Università Federico II, giornalista, scrittrice, ricercatrice e mobility manager, addetta alla selezione e valutazione del personale nonché progettista presso il Comune di Napoli. Ha pubblicato: “Napoli Esoterica: I tre Decumani“, "Tempo e Tradizioni: I mestieri nel Presepe Napoletano", "Storie e leggende tra i due laghi“, "Mirate al cuore", "Io, sono Giuditta". Regista e sceneggiatrice di commedie teatrali e socia fondatrice dell’Associazione “Oltre i Resti“.