Per rendere davvero efficace il vaccino e prevenire l’insorgenza di nuove varianti più aggressive del Sars-Cov-2, come già affermato dal prof. Andrea Crisanti, laddove non è possibile con i tamponi di massa, si dovrebbe pensare a un nuovo lockdown per fermare la diffusione e conseguente mutazione del virus. “Si chiude tutto e si cerca di avere le vaccinazioni”. Anche se la riuscita di questa strategia “con i ritmi di arrivo attuali del vaccino non è immediatamente garantita”.

“L’utopia personale” di Massimo Galli è che “si possa fare in parallelo un momento di chiusura importante, ben pesato, accompagnato da un’estesa campagna vaccinale in un periodo concentrato e da un utilizzo esteso della diagnostica applicata alle varie realtà in cui comunque le persone si concentrano per lavoro o studio. Questa ricetta l’ho definita personale utopia perché mi rendo conto che nelle condizioni in cui versiamo diventa difficile veder realizzato tutto questo assieme”.

Riguardo la variante inglese, sostiene il prof. Galli“forse ci è andata bene perché i nostri sforzi fino ad ora, per quanto non coronati da completo successo, sono stati certamente migliori ai fini del contenimento dell’infezione di quanto fatto dalla Gran Bretagna, dove da diversi giorni sono oltre i 50 mila casi. Sono talmente alla canna del gas che hanno deciso di fare soltanto la prima dose del vaccino Pfizer, per coprire più persone possibile, ma è come buttare via il bambino con l’acqua sporca. Non ci sono dati, è un razionamento da tempo di guerra”.

Massimo Galli ha ribadito che chi ha già avuto il Covid non deve essere vaccinato. “È una decisione di comodo farlo, non c’è uno straccio di dato che dica che in quelli che hanno già fatto l’infezione sia sicuro e utile vaccinare. La probabilità di avere una seconda infezione, dai dati che ci sono, anche se abbastanza frammentari, è forse meno dell’1%.

“Oggi non abbiamo nessuna necessità di vaccinare quelli che si sono già infettati e sono guariti. Non sono noccioline. In Italia almeno due milioni di persone hanno questo tipo di situazione e lo sanno, forse altrettanti la hanno e non lo sanno. Almeno quelli che lo sanno francamente non li vaccinerei ora“, ha spiegato il professore.

Per riaprire le scuole in sicurezza l’infettivologo ha ipotizzato due vie. La prima è “tentare una diagnostica estesa per l’identificazione rapida di eventuali problemi in ambito scolastico”, la seconda “rendere il più rapida possibile la vaccinazione perlomeno degli insegnanti e del personale, per poi ragionare anche sui ragazzi”. Anche se “purtroppo il vaccino si può fare dai 16 anni in su”.

Appena sarà possibile, il medico vaccinerebbe anche gli studenti. “Più si è giovani e meno facilmente ci si infetta e ci si ammala gravemente, però il pool dei giovani, dei bambini e anche dei piccolissimi, che hanno molte interazioni sociali tra di loro, è un serbatoio importante per l’infezione di tutto il resto della popolazione e dei più anziani. In Italia si è discusso per anni se vaccinare i bambini per l’influenza e ci si è arrivati solo quest’anno, mentre in altri Paesi lo si fa da tempo”. Continua: “il discorso trasporti, che è un discorso cardine, realisticamente non riusciremo a gestirlo in sicurezza. I progressi fatti sono piuttosto ridotti”.

Fonte: VIRGILIO NOTIZIE del 15-01-2021

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