La porta rossa è stata aperta!

Sulle tracce del male proseguendo tra i confini del reale e dell’Altrove la parapsicologa Elise Rainier continua la sua lotta contro le anime nere che perseguitano gli uomini. Insidious – L’ultima chiave è un film diretto da Adam Robitel, quale del quarto capitolo della saga iniziata con Insidious nel 2010 e proseguita con Oltre i confini del male: Insidious 2 nel 2013, ed ancora Insidious 3 – L’inizio del 2015. Cronologicamente, rappresenta il secondo capitolo della serie, precedente agli avvenimenti dei primi due film. E così questo sequel ha incassato da subito ed è riuscito a deliziare milioni di fan.

Eppure la serialità dovrebbe stancare gli stessi fan, ma non è il caso di Isidious che dal concept iniziale accresce film dopo film idee e accadimenti che si ricollegano tra loro tracciando una cucita tra loro e creandone una vera e propria saga.

Se gli stereotipi restano intrappolati alcuni personaggi e alcuni tratti della storia, sicuramente Lin Shaye, attrice veterana dello schermo impreziosisce il film e il racconto stesso con la sua recitazione. Il personaggio questa volta è alle prese con il passato, ritornano i fantasmi nascosti nell’armadio e la paura si tinge anche di giallo e thriller. L’eroina è come sempre accompagnata dai suoi acchiappafantasmi dalle battute demenziali che spezzano la tensione e la suspense delle scene. Anche in questa pellicola si sobbalza dalla sedia, nell’oscurità in cui improvvisamente appaiono vittime e carnefici, demoni e anime disperse, e come i protagonisti tremiamo, respiriamo lo stesso freddo gelido nella stanza, ci caliamo nel buio profondo delle scene e guardiamo illuminandoci dalla lanterna a luce fredda bluastra che la protagonista utilizza per girovagare nell’aldilà. Dove incontreranno il demone Key Face che ha il corpo e il volto  del attore spagnolo Javier Botet (afflitto dalla sindrome di Marfan, ovvero estremamente longilineo e agile).

Altro elemento rilevante, che si può affacciare all’attualità del cinema americano e non solo, è la presenza fondamentale della figura femminile in questo film. Sia essa la protagonista che le vittime diventano l’elemento chiave che da vita al film stesso e ne sono la risoluzione.

Rilevanza va data anche alle ambientazioni che riportano agli anni ’50 che richiamo un’America oramai lontano ricordo. Nonché la partecipazione di attori di notevole riguardo quali Bruce Davison, Kirk Acevedo, Josh Stewar, poco o male utilizzati.

La critica stronca questo film perché ha perso da subito lo smalto iniziale ed è ripetitivo, si accartoccia su se stesso e forse non ha null’altro da raccontare, ma sicuramente tutt’oggi si è “insidiato” nel panorama del genere horror.

La risposta alla domanda se ci sarà un altro sequel o un prequel? Tutto è trovare la chiave giusta per raccontare un’altra storia, dietro la porta rossa dell’Altrove.

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