15 minuti a 90 gradi: sono questi il tempo e la temperatura necessari ad annientare il COVID-19, ma i risultati di tale indagine, ancora in fase preliminare senza revisione paritaria, non rende concordi tutti gli scienziati, molti dei quali sono convinti che la bella stagione potrebbe avere un impatto positivo come avviene con l’influenza.

Tale scoperta, ancora in fase di sperimentazione, è stata fatta da un team di ricerca francese dell’Università di Aix-Marseille e dell’istituto IHU Méditerranée Infection che, sotto la supervisione del professor Remi N. Charrel dell’Unità dei Virus Emergenti, hanno voluto sottoporre campioni del patogeno a specifici test standard, normalmente utilizzati per inattivare i virus e sanificare ambienti di lavoro come i laboratori dove vengono studiati agenti virali.

La procedura, in fase iniziale, prevedeva di sottoporre i campioni a varie temperature per determinate quantità di tempo: 56° C per 30 minuti, 60° C per 60 minuti e 92° C per 15 minuti, inserendo la carica virale ottenuta in una provetta con cellule renali di una scimmia africana, per poi avviare il processo di replicazione.

Alla fine, l’unico test che ha dimostrato la capacità di inattivare completamente il SARS-CoV-2 è stato quello attorno ai 90° C; ma tali risultati preliminari contrastano con una ricerca della Facoltà di Medicina LKS dell’Università di Hong Kong i cui studiosi, guidati dal professor Leo LM Poon, sono riusciti a rendere inattivo il virus dopo soli 5 minuti a una temperatura di 70° C.

I dati emersi da entrambi gli istituti, infine, sembrano confermare l’indagine condotta dai naturalisti A Gentile Francesco Ficetola e Diego Rubolini dell’Università degli studi di Milano, che hanno determinato come il coronavirus risulti molto stabile con il freddo, prediligendo una temperatura di 4° C. diffondendosi meglio in luoghi in cui c’è un clima freddo e secco.

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