L’isola centrale Sulawesi, per la seconda volta dopo stamattina, ha subito una seconda potentissima scossa, questa volta di magnitudo 7.5 della scala Ritcher – la precedente si era assestata sulla magnitudo 6.1 della stessa – subendo massicci danni alle infrastrutture.

A rendere più problematica e catastrofica tale situazione, uno tsunami scatenatosi dalle forti scosse del terremoto, che è stato in grado di generare onde dell’altezza di oltre 6 metri, spazzando via in pochi istanti le abitazioni in due città, riducendole in un cumulo di macerie.

La capitale di Sulawesi, Palu, insieme alla città di Donggala, si è ritrovata all’improvviso senza elettricità, mentre le comunicazioni risultano completamente interrotte; a parere della Agenzia per La Gestione dei Disastri Naturali i morti potrebbero aggirarsi intorno ai 400.

Un evento simile, con danni provocati prima da un terremoto e poi da uno tsunami, lo si è già avuto in Giappone, il giorno 11 Marzo 2011 a Fukushima, quando una scossa di terremoto – di magnitudo 9 della scala Richter – con epicentro in mare, devasta l’intero paese con la potenza di una bomba.

Una volta finita la scossa, a una distanza di 150 km. dalla costa, inizia a generarsi lo tsunami dal punto di epicentro del terremoto, le cui onde di 14 metri investono tuta l’area del Pacifico Settentrionale, fino ad abbattersi in corrispondenza della Centrale Nucleare.

Quel giorno si è rischiato di assistere a una nuova Chernobyl, per via del fatto che il sito era stato costruito su un basamento roccioso per evitare un possibile crollo durante un terremoto, ma con un livello di terreno inadatto per un potenziale tsunami, mentre le dighe erano sviluppate per contrastare onde fino ai 6 metri, non per una gittata superiore.

Per due volte, la natura ha mostrato la propria potenza all’uomo, per avvertirlo che non può essere dominata e che va rispettata; ora tocca a noi impedire che tali eventi si ripetano, prima che sia troppo tardi per farlo.

 

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