Esattamente 53 anni fa, il 15 Aprile 1967 ci lasciava uno dei più’ grandi attori comici che il nostro paese abbia mai annoverato, colui il quale ha saputo e sa ancora oggi far sorridere milioni di persone attraverso i suoi film e le collaborazioni con altri pezzi da novanta del panorama artistico nazionale, il grande Totò.

Nato a Napoli, al numero civico 107 in via Santa Maria Antesaecula, nel rione Sanita’, il 15 Febbraio 1898, Antonio Gagliardi De Curtis, altezza imperiale, cavaliere del Sacro Romano Impero, duca di Macedonia e d’Illiria, principe di Costantinopoli, in realtà’ eredito’ cognome e titoli nobiliari del padre, il marchese Giuseppe De Curtis, solamente nel 1921 quando cioè’ egli decise di sposare sua madre, Anna Clemente, riconoscendolo come figlio naturale.

Le cronache raccontano che Totò venne anche adottato nel 1933 dal marchese Francesco Gagliardi Foccas, in cambio di un vitalizio e nel 1945 il tribunale di Napoli gli riconobbe il diritto a fregiarsi del nome e dei titoli; egli pero’ ebbe sempre in animo di approfondire e documentarsi sulle origini della propria famiglia, ed a tal proposito commissiono’ diverse ricerche araldiche e genealogiche, che lo condussero a Cava De’ Tirreni.

Scoprì a tal proposito che la famiglia De Curtis, imparentata con la stessa di Somma Vesuviana, dalla quale inizialmente partirono le sue ricerche, aveva radici ben radicate tra Salerno e Cava De’ Tirreni, risalenti addirittura al periodo longobardo (X – XI sec.), e che gli stessi si radicarono in un casale nei pressi dell’Abbazia Benedettina della Santissima Trinità, chiamato in virtù della loro presenza De Curti e successivamente Licurti.

Grande sorpresa e curiosità suscitò nel suo animo la scoperta, qualche mese più tardi, della presenza di un dipinto, conservato nell’aula consiliare del comune metelliano, realizzato nel 1585 e raffigurante un suo antenato, il nobile Giovan Camillo De Curtis, consigliere dei Regi Collegi collaterali dapprima e Presidente della Somma Real Camera poi, al servizio di don Pietro Giron, viceré di Napoli e Sicilia al tempo di Filippo III di Spagna.

Il nobile antenato, a lui incredibilmente somigliante nei tratti del volto, con la stessa mascella volitiva, il naso dritto e lo sguardo penetrante, costituiva per Totò un ulteriore segno della nobiltà’ del suo casato e del valore degli uomini che la composero, e pertanto decise di scrivere all’allora sindaco di Cava De’ Tirreni, il prof. Eugenio Abbro, per richiedere la cessione del quadro, offrendo a tal fine una cifra davvero rilevante per i tempi.

La singolare richiesta fu prontamente portata e discussa in Consiglio Comunale, ma venne rigettata all’unanimità con la motivazione secondo la quale “il dipinto raffigurasse una gloria ed un vanto per l’intera città e comunità cavese”; in questo senso e’ da considerare singolare il commento pubblicato sul giornale locale “Il Castello” del gennaio 1961 che recitava: “Se Toto’ vorrà’ vedere il suo antenato potrà’ recarsi ogni tanto a Cava, così anche i cavesi avranno il piacere di vedere lui di persona e non soltanto sullo schermo”.

Insomma il povero principe De Curtis dovette arrendersi alla volontà’ popolare ma non senza crediamo noi aver pronunciato una delle sue memorabili e indimenticabili frasi ad effetto, del tipo…“Lei non sa chi sono Io!!!”

 

 

 

Fonte foto: it.wikipedia.org

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Dott. in Beni Culturali presso l’Università di Salerno-Fisciano con tesi in archeologia medievale. Nel 2018 consegue l’abilitazione per accompagnatore e guida turistica. Ha scritto e pubblicato articoli su una testata giornalistica artistica e attualmente lavora da libero professionista come guida turistica.