La riflessione sulla propria vita quando, ormai, ne è ormai trascorsa la parte migliore.

Un momento temuto da ogni essere umano, perché è costretto ad analizzare, spesso impietosamente, i propri giorni passati, e a comprendere quali sono stati i veri sbagli fatti e le possibili occasioni perse involontariamente o meno, e a domandarsi, anche se non lo si vorrebbe, cosa si è veramente diventati. Ad affrontare una così complessa ed evocativa tematica – di non facile gestione metanarrativa, nel timore di scadere nel bozzettismo – ci ha provato il regista Florestano Vancini nel 1966 con il film Le Stagioni del Nostro Amore, con il supporto di un valido trio di attori maschili come Enrico Maria Salerno, Gastone Moschin e Gian Maria Volonté.

Vittorio Borghi, giornalista di quarant’anni, dopo aver rotto con la moglie Milena – un rapporto, il loro, ormai logoro e dannato – e aver concluso un’avventura con una donna più giovane di lui, Elena – nella quale ha cercato il calore e il conforto che la sua sposa non era più in grado di dargli – decide di far ritorno nella sua città natale, Mantova, nella speranza di chiarirsi le idee. Ma ritornare nei luoghi della propria giovinezza – alla ricerca di ricordi e di amicizie quasi dimenticate – gli darà unicamente il colpo di grazia, mettendo alla luce non solo quanto egli sia ormai deluso, ma anche come non riesca più a credere negli ideali per cui ha lottato durante e dopo la resistenza e le dure lotte politiche del dopoguerra.

Ormai ferito nei sentimenti, comprenderà finalmente come non riesca, in alcun modo, a trovare un punto di contatto con coloro che gli erano stato vicino in gioventù, e di come essi siano inesorabilmente cambiati, diventando non solo con lui, ma anche tra di loro, degli estranei, ormai privi di un vero senso della vita.

Le Stagioni del Nostro Amore – Quando un individuo capisce di essere giunto al capolinea della propria esistenza terrena

FONTEwikipedia.org & cinematografo.it
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