Il mito del posto fisso.

Un’utopia emersa durante il boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta nel nostro paese, caratterizzato da quella che viene considerata come una forte crescita economica e un rapido sviluppo tecnologico a partire dalla fine della ricostruzione post-bellica. Ciò porto a una crescita economica spettacolare espandendosi nell’economia e rivitalizzando il sistema produttivo italiano, costringendolo ad ammodernarsi, fino a raggiungere una diversificazione produttiva nei settori dell’industria e del terziario. Ciò fece da apripista a una massiccia trasformazione sociale, mettendo in crisi le strutture familiari come i legami di parentela e le reti di solidarietà familiare, disgregandole e portandole a un disfacimento totale soprattutto per l’imponente movimento migratorio di quasi dieci milioni di persone nel periodo tra il 1955 e il 1971.

Ma, per molti, la possibilità di un salario regolare si tramutava in un “patto con il diavolo” fatto di una quotidianità avvilente e meccanica non diversa da quella degli operai delle fabbriche, in un contesto desolato, intristito e squallido che rubava la loro innocenza, ingabbiandoli in un meccanismo che consumava le loro vite in cambio dei mezzi per far parte della “normale borghesia produttiva” e per vivere alla fine delle loro “mansioni lavorative”.

A mettere a fuoco le storture di una tale “emblematica e problematicafase storica del nostro paese, il “poeta” del cinema italiano Ermanno Olmi, in un film anti-spettacolare che indaga con onestà e senso della realtà il mondo del lavoro nella transizione epocale di un’intera società: Il Posto.

Domenico, un ragazzo di Meda, riesce a passare una selezione lavorativa per una grande azienda di Milano, che gli permetterà di sistemarsi per tutta la vita. Ma, ad eccezione della conoscenza di una ragazza, la sua “fortuna” lo porterà prima al reparto tecnico come fattorino con turni che non gli permettono di avere un minimo di vita. Neanche il passaggio di ruolo ad impiegato cambierà il tutto, dato che finirà in uno stanzone tra colleghi indifferenti ed ostili verso di lui, con il rumore del ciclostile a scandire un ciclo senza via di uscita.

FONTEwikipedia.org
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