La caccia, sin dagli albori del mondo, ha sempre rappresentato solo una fonte di puro sostentamento per l’uomo. Oggi, solo per alcuni popoli, la caccia e la pesca assumono ancora la originaria funzione si sostentamento. Oggi in tutti i paesi industrializzati, ove il reperimento di cibo è attività indiretta (acquisto) e molto legata ad un allevamento intensivo, la caccia ha un ruolo che si può definire ricreativo o commerciale.

Noi intendiamo per “caccia” una tipica attività legale, regolarmente approvata dalla legge, ma la caccia praticata in modo illegale rientra nel concetto di bracconaggio. La pesca di superficie, quella con la canna, non essendo commerciale, potrebbe essere una forma di caccia.

Come precisato, nei paesi industrializzati la caccia è praticata essenzialmente come attività ricreativa o finalizzata allo scopo di commerciare il ricavato della cattura. In effetti la carne degli animali selvatici ha un sapore diverso da quella degli animali di allevamento, quindi è senz’altro più saporita.

Talvolta i cacciatori sono anche motivati dal collezionare trofei di caccia, per esporli a gran vista nelle loro abitazioni.

Però tutto ciò oggi è messo in forse da un fortissimo movimento animalista, che da molti anni si batte per i diritti degli animali, che verrebbero violati: primo fra tutti c’è il diritto fondamentale alla vita degli animali cacciati. È chiaro che questa posizione è in netto contrasto anche con una visione della caccia, vista solo come contenimento degli animali di una determinata specie, contenimento che passa attraverso un programma di “abbattimento selettivo”.

In effetti cacciare un animale solo per diletto o per trofeo non può essere molto edificante per l’uomo: gli animali vanno rispettati e il loro diritto alla vita è innegabile; dovremmo ricordarlo, anche quando, su consiglio di qualcuno, un essere umano, vedendo che l’animale domestico sta molto male, vorrebbe decidere sulla vita di un altro essere animato? Non credo che ne abbia il diritto. Pensiamoci bene!

 

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