Cosenza. Continuando il viaggio al bel paese mi imbatto in Cosenza e dintorni. La Calabria dai colori forti, dai sapori forti e dai caratteri ostinati. Meta estiva per il bel mare, poco conosciuta in stagioni diverse come insolita meta.

Non esiste guida migliore di chi un luogo l’ha vissuto, meglio se in anni giovanili perché poi quegli stessi colori, sapori e sensazioni si imprimono diventando indelebili ed affiorano in età matura nei panni della nostalgia. È stato il caso della nostra guida per caso che ha organizzato un tour particolare per pochi amici trasmettendoci i suoi ricordi e sensazioni.

Ognuno di noi ha il suo luogo dell’anima e non per forza è un luogo perfetto, ma luogo in cui ci si sente di appartenere.

Il primo impatto alla regione ne è stata il suo contorno tirrenico con una costa dolce, allungata ed un mare dai colori intensi di un blu elettrico fino alla grotta di Enea. Non è difficile immaginarlo approdare in un luogo così naturale, ancora incontaminato. Ma proseguendo la contaminazione dell’uomo non si fa attendere attraversando cementificazioni sparse senza un criterio estetico che questi luoghi, come tutti, avrebbero invece meritato. Allora si fa concreta la certezza di uno scempio perpetrato, così come nelle coste campane, di un abusivismo edilizio scellerato ed un vuoto o di un dubbio pieno amministrativo. Ne fa eccezione Sangineto un grazioso villaggio sul mare costruito in modo uniforme ed estetico.

Cosenza è una città dai due risvolti da due realtà separate in modo netto. Città spianata a poca distanza tra mare e monti, una città moderna, dignitosa con un lungo struscio pedonale arricchito da opere di prestigiosi autori del ‘900 da De Chirico a Modigliani o a Dalì che danno quel tono di museo all’aperto divenendo punti di riferimenti dove veri monumenti storici non ci sono. Certo perché la Cosenza moderna ha storia recente frutto di un esodo dall’alta antica Cosenza che ne è l’altra faccia. Un quartiere antico di tutt’altro genere e condizione perché in massa abbandonato in favore di una funzionalità cittadina moderna.

La Cosenza antica ha invece un fascino per il visitatore catalizzatore perché permane un immobilismo spettrale di case e vicoli disabitati privi di qualsiasi anima commerciale che in un delirio collettivo si è scelto di abbandonare con troppo distacco e con algida motivazione se non quella della funzionalità che mi fa pensare ad un popolo senza radici forse più libero da rimpianti o legami con la terra. Questo esodo volontario ha fatto sì che questo centro non abbia negli anni subito modernizzazioni e che quindi ostinatamente ne ha mantenuto struttura e immagine ferma ad un’epoca differente. Vita poca, ci si imbatte nella vitale ficuzza che in tutto il suo carattere calabro fuoriesce da un’abitazione con tutti i suoi rami, foglie e frutti tanto da meritarne una insegna che ne testimoni le gesta.

Sembra di girare in un set cinematografico d’epoca. C’è un piccolo teatro e una chiesetta in cui ci accoglie un custode che ne custodisce la storia antica e ce la racconta facendo parlare per sé gli strati di marmo o legno o i preziosismi del suggestivo luogo arricchito da intarsi in legno preziosi ognuno differente  dall’altro. In cima al castello, antica fortezza, anch’essa martoriata da abbandoni e terremoti e da pochi decenni ritornata in auge dalla cui terrazza si vedono nella totalità le due città e su tutto si eleva il ponte sospeso dell’architetto ingegnere Santiago Calatrava, irriverente e imponente rispetto al piccolo fiumiciattolo sottostante Crati. Inaugurato a gennaio del 2018 è una delle opere più importanti costruite nel Sud Italia. Il più alto d’Europa intitolato al patrono San Francesco di Paola.

E Paola merita una tappa per conoscere la vita e i luoghi di  questo francescano eremita che ha avuto una lunga esistenza. Un eremo luogo di pellegrinaggio per bere la sua acqua santa e visitarne la sua grotta, dimora per gran parte della sua vita. A questo santo è dedicata anche la nostra  chiesa a Piazza Plebiscito.

A pochi chilometri ci si imbatte in uno scenario che da solo merita il viaggio: la Sila. Il parco naturale polmone incontaminato nel cuore calabro con la sua fitta vegetazione. Si sale fino a 1000 m per ritrovarsi in un villaggio montano con le casette in legno e baite tipiche di luoghi innevati. Un parco immenso con percorsi differenziati per lunghezza e difficoltà e ci si può imbattere in una fauna inusuale per un cittadino comune. Il lupo della Sila, uno scoiattolo, un daino o in cerbiatto. Colori rilassanti di prati di margheritine o ginestre ai lati e il fiore bianco dell’acacia.

La cucina dai sapori forti e piccanti, prima su tutto: l’nduja fatta di parti grasse del maiale con l’aggiunta di tanto peperoncino.

La Calabria è una regione a tinte forti come le sue ‘anime nere’ che l’hanno attraversata, un film di Francesco Murzi che ha vinto ben 9 David di Donatello e che racconta la storia di una famiglia collusa con la ‘Ndrangheta.

Le mafie hanno offuscato negli anni la bellezza del nostro paese, che invece merita di essere visitato e conosciuto nella sua interezza e senza alcun pregiudizio.

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