Il Vaccino e i Borbone

Salvatore De Renzi nella suaTopografia e statistica medica della città di Napoli nel 1838 scriveva: “L’ Istituto generale di vaccinazione dirige poi l’interessante operazione della inoculazione vaccinica in tutto il Regno. Ne promuove la pratica, ne incoraggia l’esercizio. Fa seguire tutti i giorni la vaccinazione gratuita  nel sito di sua residenza. Tiene dei vaccinatori  in ciascun quartiere della Capitale. Somministra  pus vaccino, lumi e direzione a tutte le parti del Regno. Raccoglie tutto ciò che può perfezionare questo ramo interessante della scienza medica in un giornale intitolato Biblioteca Vaccinica.

Per dar del modo come ha progredito questo servizio nel nostro Regno, basta cennare che dal 1807 epoca in cui si cominciarono a registrare le vaccinazioni, fino al 1837, si sono seguite in tutto il Regno non meno di  due milioni e trantaquattromila vaccinazioni nella sola città di Napoli. Il numero di altre centossessantamila vaccinazioni, oltre quelle eseguite presso le particolari famiglie, e che non vengono riferite all’ istituto.”

La Variolizzazione

“La variolizzazione o vaiolizzazione era un metodo di protezione dal vaiolo, adoperato prima della vaccinazione , consistente nell’inoculare, nel soggetto da immunizzare, del materiale prelevato da lesioni vaiolose o dalle croste di pazienti non gravi.”

Il flagello del vaiolo

Alla fine del settecento  il flagello endemico in Europa è il vaiolo, il “morbo mortifero”, si contano  milioni di morti e molti rimanevano sfigurati permanente dagli effetti del terribile male;  solo negli stati italiani ne risultano colpiti sei giovani su dieci.

Le  sperimentazioni nel regno di Napoli

Nel 1768 l’abate Ferdinando Galiani si prodiga presso Bernardo Tanucci  per far venire a Napoli il medico Angelo Gatti.   Il medico toscano stava ottenendo un enorme successo a Parigi con le sue “Variolizzazioni“, precursore dei vaccini i contro il vaiolo. Qualche anno dopo, nel novembre 1771, Gatti arriva a Napoli, dove rimane fino al  marzo dell’anno successivo; in questo periodo inocula soprattutto persone appartenenti alla nobiltà cittadina. Galiani notava però che i nobili napoletani accettavano di farsi inoculare da Gatti non tanto perché credevano nell’efficacia del rimedio, quanto piuttosto per una sorta di moda “fatalista”. In ogni caso,  il rimedio, anche fra molti pregiudizi e perplessità, inizia ad avere una certa diffusione. Per questo successo si coinvolsero diversi medici vicino alla corte   Francesco SeraoMichele Sarcone, Michele Troja, Nicola Andria, Giuseppe Vairo.

Domenico Cotugno 

Un ruolo decisivo ebbe   Domenico Cotugno , che nel 1769 aveva pubblicato, “sedibus variolarum syntagma“, un’ opera di risonanza europea in cui indicava  la causa della trasmissione del morbo nelle pustole sulla pelle, e dalla ininfluenza del sangue nella trasmissione  agli  organi interni.

Cotugno era un medico apprezzatissimo anche a livello internazionale ed è stato uno dei protagonisti  delle prime profilassi tubercolari. Intuì che la TBC non fosse ereditaria ma bensì  una malattia infettiva. Nel 1782 cercò in tutti i modi di far approvare una legge di profilassi sull’intero regno. In questa occasione Ferdinando non fu così lungimirante come lo era stato per la variolizzazione. Il Sovrano, pur stimandolo enormemente, era uno dei suoi medici personali, non era  sufficientemente convinto della esattezza delle tesi del Cotugno. Inoltre l’organizzazione di un sistema di profilassi e prevenzione a livello nazionale sarebbe stato estremamente costoso per le finanze dello stato e la tubercolosi non faceva paura come il vaiolo.

 

DOMENICO COTUGNO

I “no vax” del settecento

 Nonostante i risultati soddisfacenti questa pratica è considerata dalla maggior parte della popolazione  e specialmente dagli ambienti ecclesiastici una specie di stregoneria. Erano convinti che questa pratica  andasse contro la volontà di Dio. Consideravano  una cosa mostruosa iniettarsi la malattia per non esserne sopraffatti. Inoltre  si  trattava di un metodo  sperimentato in terra ottomana. Una diavoleria degli infedeli. La pratica è fortemente ostacolata dalla superstizione di certi ambienti religiosi, per i quali infettarsi da persona sana significava andare contro la volontà di Dio. In questo periodo  ci fu una vera e propria campagna “no vax” contro  questo metodo di immunizzazione. La popolazione,  sia per ignoranza che per superstizione,  confortata anche dai religiosi, contrasta fortemente questa pratica. Nel settembre del 1777 accade che Filippo di Borbone  primogenito di Carlo III e fratello di Ferdinando IV muore di vaiolo.

La corte di Napoli si “variolizza”

Ferdinando  è profondamente provato da questo episodio, nonostante la disapprovazione del religiosissimo padre, si fa  variolirizzare.  In questa sua decisione è supportato dalla  moglie Maria Carolina. Anche la Regina di Napoli  aveva  perso per il vaiolo  ben due sorelle maggiori  (per giunta promesse  spose a Ferdinando) Per questa ragione La madre  Maria Teresa d’Austria  aveva voluto  preservare  le altre sue  figlie con questo tipo di immunizzazioni. L’imperatrice d’Austria era stata affascinata da questi nuovi metodi studiati e sperimentati nelle grandi capitali europee. Ferdinando, con grandissimo coraggio e sfidando le paure diffuse, incarica il medico pisano Angelo Maria Gatti, esperto della pratica, di “variolizzarlo” con tutta la famiglia. Superati brillantemente i postumi vaccinali,  il sovrano ordina  l’inoculazione obbligatoria per i ragazzi dell’appena costituita Real colonia delle Seterie di San Leucio.

Primi esperimenti di Variolizzazione nella popolazione civile

Un  medico  militare, Michele Buonanni, che aveva collaborato con Gatti nella sua permanenza a Napoli, continua a far sperimentare questo tipo di immunizzazione  anche su i bambini e i neonati nei numerosi brefotrofi del regno anche dopo il ritorno a Parigi del Gatti.

Scoperta del vaccino 

In gran Bretagna il 14 maggio del 1796 il dottor  Edward Jenner esegue la prima  vera e propria  Vaccinazione della storia. Il termine vaccino deriva dall’ utilizzo  del materiale ottenuto dalle pustole dei bovini (vaccini) ammalati di vaiolo. Inoculando questo materiale negli esseri umani, esso  causa solo una lieve infezione che li immunizza  definitivamente  dal terribile male. Questo tipo di inoculazione sarà denominata vaccinazione
Il medico britannico è il primo a scoprire questa pratica decisamente più sicura con meno effetti collaterali del precedente sistema.

Epidemia di vaiolo a Palermo

Nella primavera del 1801, scoppiò  un’epidemia di vaiolo a Palermo, I morti erano  a migliaia.  Due medici inglesi Joseph MarshalleJohn Walker , collaboratori di Jenner,  vaccinarono  i marittimi della flotta britannica presente in città. La regina Maria Carolina pregò l’ambasciatore inglese affinché convincesse i due medici ad immunizzare anche tutti i bambini presenti negli orfanatrofi della città. In questa operazione  fu coinvolto anche il chirurgo reale Michele  Troja. E’ il primo esperimento di immunizzazione di massa avvenuto sul territorio italiano.

I primi vaccini contro il vaiolo a Napoli

Tra il 1803 e il 1810, il giovane medico napoletano  Gennaro Galbiati, chirurgo ostetrico dell’Ospedale degli Incurabili, perfeziona la vaccinazione jenneriana assicurandosi della sua validità e innocuità  assoluta assistito e sostenuto dal suo grande maestro Domenico Cotugno. Ma le polemiche e le contrarietà etiche e scientifiche non mancarono per l’uso del vaccino animale sull’ uomo. Per l’organizzazione delle vaccinazioni il sovrano aveva formato  nell’ Albergo dei poveri una direzione vaccinica che doveva tenere gli elenchi  di tutti “gli inoculati con felice riuscita

Il decennio francese

Nel 1806 la” Grande Armée ” napoleonica invade il regno di Napoli. Ferdinando e la corte  borbonica riparano a Palermo. Sul trono di Napoli si insedia prima Giuseppe il fratello di Napoleone e dopo due anni il cognato Gioacchino Murat. Nel 1807 Giuseppe Napoleone   trasforma la Direzione Vaccinica istituita dal re Borbone  in un  Comitato Centrale di Vaccinazione.  Questo comitato  avrà per  presidente il famoso Domenico Cotugno e per segretario Antonio Miglietta che di fatto è il  vero dirigente capo. I poteri  di questo comitato erano rafforzati e ammodernati rispetto al vecchia direzione vaccinica. Con questo istituto si ha un notevole salto di qualità nella diffusione delle vaccinazioni .

Vaccinazioni di massa

L’istituto, tra il 1808 e il 1819, nonostante gli scetticismi e le paure della popolazione, registrerà 280.000 immunizzazioni, la maggior parte eseguite utilizzando il vaccino di derivazione umana. Tra Antonio Miglietta  e il giovane Galbiati scoppierà  ben presto un’accesa diatriba scientifica. Il Miglietta, soprannominato “L’apostolo della vaccinazione”, sosteneva l’uso  del vaccino di derivazione umana mentre  il Galbiati quella di derivazione bovina. La vaccinazione animale perfezionata da Galbiati venne avversata dagli ambienti più conservatori perché considerato un insulto alla natura, data la commistione tra animale e uomo. L’opposizione venne soprattutto dalla Commissione Centrale di Vaccinazione diretta dal Miglietta.

L’uso di entrambi i vaccini

Napoli si trova, così, ad avere ben due servizi di vaccinazione: quello pubblico e gratuito, Detto “a braccio a braccio”gestito da Miglietta che usa vaccini di derivazione umana e che in effetti fu usato per le vaccinazione di massa e quello privato, di Galbiati, riservato alle classi sociali più elevate che possono permettersi di pagare il suo metodo più innovativo, più sicuro, ma anche più costoso con vaccini bovini.

La Restaurazione

Con il ritorno dei Borboni le disposizioni  emanate nel periodo francese sono mantenute. Successivamente saranno anche rafforzate. Un  notevole ruolo ebbero le “mammane” (le levatrici)  nella diffusione della vaccinazione antivaiolosa, E’ indirizzata a loro una  normativa che ne prescrive l’istruzione, i compiti, i doveri. Per poter esercitare, esse dovevano avere un’autorizzazione detta “cedola” o “carta autorizzante”. Questa autorizzazione  era concessa dall’Università di Napoli, o da commissioni protomedicali nei capoluoghi di provincia. Per le levatrici più anziane, anche da autorità locali. Le levatrici refrattarie erano  segnalate dal presidente del Comitato distrettuale al Giudice di pace del circondario Questi lo comunicava al  Comitato provinciale che  faceva rapporto all’Intendente. Dopo di ché si segnalava  al Ministro dell’Interno ordinava  al protomedicato di sospenderle dal loro esercizio. (burocrazia borbonica)

L’obbligatorietà del vaccino

Il sovrano nel settembre del 1821 sostituisce  la Commissione Centrale dei vaccini (costituitosi nel decennio francese) con l’ Istituto centrale dei vaccini napoletani. Ne ampia poteri e competenze. Con il Decreto n. 141 del 6 Novembre 1821, in nove articoli, Ferdinando I di Borbone sancisce l’obbligatorietà della vaccinazione nel Regno delle Due Sicilie prevedendo misure punitive per i trasgressori . Inoltre i parroci dovevano rilasciare ad ogni vaccinato un cartellino attestante l’avvenuta vaccinazione ed avere un registro dei bambini vaccinati nella parrocchia. In ogni comune viene istituita una giunta vaccinica presieduta dai sindaci.

Decreto N° 141, Napoli 6  Novembre 1821

Essendosi ormai riconosciuto che l’inuculazione vaccinica abbia da per ogni dove riportato i più salutevoli risultati, sarà sempre gratissimo al nostro real animo il veder preservati con questo beneficio i nostri amatissimi sudditi dal flagello del  vajuolo naturale ,che sovente gli uccidi o deturpa. Quindi è per rendere più efficaci le nostre molteplici provvidenze;
Sulla proposizione del Direttore della Real segreteria di stato degli affari interni.

ART.1

“Tutti coloro i quali han tenuto la riprensibile condotta di trascurare la vaccinazione onde preservare la Prole, o gl’individui della famiglia  ch’essi governano,  non potranno godere di alcun tratto della nostra sovrana munificenza, sotto qualunque titolo.

(Si elencano petizioni, elargizioni, pensioni etc.etc.)  Gli altri 8 articoli proseguono con le disposizioni di chi deve far applicare il decreto e tutte le regole amministrative relative e perfino il divieto di sepoltura nelle mura urbane per gli eventuali ammalati e le gratificazioni per gli adempienti.

La severità nell’ imposizione dell’ obbligo del vaccino è determinato  dall’ostilità verso questa pratica da parte della popolazione più povera ed ignorante per cui “La Nazione ” chiede l’aiuto dei parroci “affinché “dall’altare” si  faccia sentire alla popolazione l’utilità di un simile stabilimento “

Inasprimento della normativa 

Queste normative vennero rese ancora più stringenti e perfezionate  con  i successivi decreti  del gennaio del 1831  e del settembre del 1838 che aumentavano la cooperazione tra la chiesa e lo stato  dove si ribadisce che è compito dei vescovi e dei parroci  sensibilizzare la popolazione sulla indispensabilità  e utilità della vaccinazione

Lotteria dei vaccinati

I parroci, tenuti a mantenere aggiornati i loro registri dei vaccinati, avrebbero dovuto “minacciare” di disgrazie i più riluttanti. Inoltre come incentivo alle vaccinazioni , ogni anno avrebbero messo tutti i nomi dei vaccinati in un’urna. Dall’urna  sarebbe stato estratto il nome di un fortunato vincitore di un cospicuo premio in denaro. Con i Regolamenti emanati il 10 settembre 1822, fu definita dettagliatamente l’organizzazione dei diversi livelli amministrativi insediati nelle province.

Primati del Regno delle Due Sicilie

Già nel 1838 Émile Combes un eminente  medico francese in un  confronto  tra la medicina francese e quella italiana  affermava,  la migliore assistenza territoriale dei medici nei territori italiano e in modo particole in quelli duo-siciliani. Nel 1843, l’istituzione vaccinica di Napoli è insignita di un prestigioso riconoscimento dall’Accademia Reale delle Scienze di Francia per il lavoro compiuto in quarant’anni di proficua attività. In questo riconoscimento si evidenzia  la  organizzazione e la diffusione dei regi decreti, a testimonianza di quanto fosse stato esemplare in tutta Europa  per la prevenzione e la lotta contro il vaiolo nel regno di  Napoli.

Ospedali 

I Borbone fecero proprie le riforme illuministiche  del decennio murattiano, il XIX°  secolo affermerà la modernità della medicina come professione. Organizzarono efficientemente i  territori con una rete ospedaliera, ove medici esercitarono l’arte di guarire in modo scientifico e universale. In quel contesto si forma una delle migliori scuole di medicina del tempo. Alcuni di questi nosocomi furono ospedali di formazione e di alta specializzazione, come il Collegio Medico-Cerusico degli Incurabili, vero cenacolo illuministico della scienza medica.

In tre precedenti articoli ci siamo occupati degli ospedali operanti a Napoli durante la dinastia borbonica.    Ospedali militari , Ospedali civili , Le strutture sanitarie di enti ed associazioni di beneficenza laiche e  religiose. Inoltre erano presenti istituti altamente specializzati per i sordi e per i ciechi.

Superiorità  dell’ assistenza sanitaria duo-siciliana

Lotta al vaiolo

Per la lotta al vaiolo  il regno di Napoli è stato all’ avanguardia in Italia specie  per la capillarità delle vaccinazione sul territorio e per la severità nel combattere gli ostruzionismi. Nella diffusione dei vaccini sono coinvolte le numerose “mammane” Levatrici e un’elevato numero di medici condotti operanti in tutto il territorio Duo Siciliano. Per gli obiettori  restii  nel vaccinare, nel caso  fossero oscitanti o “osino calunniare ” verso le pratiche vaccinali erano immediatamente sospesi dalla professione. Inoltre erano monitorati tutti  i dati delle avvenute vaccinazioni tramite i sindaci che erano obbligati a comunicarli  all’istituto  centrale vaccinico  che aveva una mappatura precisa dei vaccinati su tutto il territorio del regno.

Operatori sanitari

Nel 1860  quando avviene  “l’annessione”, nel  regno delle Due Sicilie  operavano 9390 medici  per 9 milioni di abitanti,  mentre nel resto del Italia ve ne  erano 7087 su  13 milioni di abitanti. Inoltre già dal 1831 esisteva la gratuità  per le spese mediche  per  gli  indigenti di qualunque parte del regno. Le spese per  le medicine  erano a carico dei comuni di appartenenza. Inoltre c’erano un sistema ospedaliero efficiente ed una scuola di medicina fra le più importanti d’Europa. Ad Aversa c’era un ospedale psichiatrico  fra i più innovativi e moderni che attirava studiosi  da tutto il mondo per le eccezionali cure  che si esercitavano. Si tratta del più antico manicomio, in epoca moderna, ed uno dei più grandi e funzionali con spazi appositamente attrezzati e configurati alle necessità dei malati  psichici “la Reali Case de’ matti” era  il più moderno e funzionale ospedale psichiatrico d’Europa.

Dal 1844 era attiva una commissione  proto-medica e coadiuvata  dal collegio dei farmacisti e da quaranta speziali vigilava  sulla condotta di  medici chirurghi, farmacisti, droghieri, semplicisti(raccoglitori e studiosi di erbe medicinali) , erbolai, dentisti, brachierai (fabbricanti di cinti erniari), salassatori  e levatrici.

Magistrato di salute

Esisteva un sistema di controllo e capillare su tutti gli “operatori sanitari” Inoltre un supremo  magistrato di salute pubblica vigilava sui servizi di Sanità marittima che proteggevano le coste del regno da malattie contagiose ed esotiche e  organizzava le  eventuali contromisure in casi di epidemie. 

Omeopatia

In Austria agli inizi dell’ 800 si sviluppa l’omeopatia come scienza medica. Alcuni  ufficiali medici austriaci  agli inizi degli anni ’20 la introdussero nel regno di Napoli. Il medico austriaco  Necker Melnik ,che ne era  uno dei più tenaci sostenitori, aprì uno studio in città che riscontrò notevoli successi grazie ai quali  le  cure omeopatiche nonostante  fossero avversate da molti medici tradizionali, si affermarono  in tutto il regno in alternativa alla medicina tradizionale. Il regno delle due Sicilia diventa così la nazione italiana  con il più importante centro di cure omeopatiche di Italia con ben 400 medici che l’esercitavano.   

Conclusioni

Da questa rassegna anche se sommaria  della “Sanità” a Napoli  è evidente l’altissimo ruolo civile e sociale che  ha avuto l’assistenza sanitaria nel regno delle due Sicilie. Essa infatti è stata un’assistenza rivolta sempre alla particolare cura di categorie indigenti “sia che fossero popolani, gentiluomini poveri, studenti, sacerdoti, pellegrini, detenuti, meretrici o folli.”

“Ogni cittadino  che da oggi in
avanti non avrà cura di vaccinare i figli,
non potrà aver parte diretta o indiretta
nella formazione della legge, né potrà
essere ammesso ne’ consigli civici. Ciò
sarà rilevato dalla nota che si presenterà
dal magistrato municipale”

Bibliografia:

Salvatore De Rienzi: Topografia e statistica medica   della citta di Napoli – 1838 Copia anastatica 

Antonio Emanuele Piedimonte: Alchimia e Medicina Napoli ed Intra Moenia  2014

Antonio Borrelli: Carte di Domenico Cotugno nell’archivio storico del banco di Napoli -Atti del Ministero dei beni culturali  2001

Gabriella Botti: Le farmacie a Napoli nella topografia del primo ottocento-Atti del Ministero dei beni culturali 2001

Vincenzo Mezzogiorno: Istituzioni ospedaliere e scuole di medicina a Napoli dalle origini al XIX° secolo – Atti del Ministero dei beni culturali  2001

Marina Azzinari: Medicina e sanità a Napoli  nel VII° congresso degli scienziati italiani (1845)

AA.VV: Quando i malati erano “incurabili”- Stamperia del Valentino 2014

G.Rispoli-A.E. Piedimonte: La collina Sacra – ed. Il faro di Ippocrate 2017

 

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