Ritiro e chiesa delle oblate di San Raffaele 

 e il detto “Va a vasà ‘O pesce ‘e San Raféle”

Tutto ha origine nel popolare quartiere di Materdei sull‘antica collina di Fonseca appena fuori delle mura dell’antica Napoli. Nell’attuale via Abate da Montecassino, che anticamente era lo stretto vico San Raffael nel 1759 edificarono  una chiesa e un grosso edificio. I lavori erano stati commissionati dai canonici Marco Celentano e Michele Lignola e finanziati dal cardinal  Sersale, arcivescovo di Napoli.

L’ edificio è destinato come nuova sede di un ritiro e ricovero didonne di cattiva vita che avevano mostrato col pentimento dell’animo loro il desiderio di essere tolte dal triste sentiero. L’originale e precedente sede del ritiro era ubicata in un piccolo fabbricato sul vicino colle dell’Infrascata, ed era diventata insufficiente per il gran numero di pentite.

La nuova struttura  sarà denominata ” Il Ritiro delle Oblate di San Raffaele”.

Questa risulterà essere una delle maggiori istituzioni sociali dell’epoca, tanto da meritare due rescritti di Re Ferdinando:

uno dell’agosto del 1786  e un altro del luglio 1792, in cui si affermava :

“ La vita  del pio luogo  deve essere unicamente rivolta alla riabilitazione delle pentite  e non aver  mai a Mutar di fine”.

Il ritiro e la chiesa sono dedicate a Santa Margherita da Cortona e a Sant’Arcangelo Raffaele, come si evince dalla lapide posta sull’ ingresso della chiesa.

Architettura

Si  occupa della costruzione Giuseppe Astarita, allievo di Antonio Domenico Vaccaro, e sarà anche collaboratore di Fernando Sanfelice e di Luigi e Carlo Vanvitelli. L’Astarita è un architetto ed  ingegnerie, valente protagonista del tardo Barocco Napoletano, ma  come già era successo  al  Sanfelice  sara’ snobbato e  oscurato dalla critica del tempo che era tutta a favore del nascente neo classicismo di Fuga e Vanvitelli.

L’eleganza e alcuni artefizi architettonici , rendono la chiesa di un’unicità notevole. Per dare  maggiore imponenza e visibilità alla costruzione, che doveva sorgere in un vicolo molto stretto, si adotta la soluzione di una facciata concava che ne esalta l’ingresso e la prospettiva, inoltre si realizza una cupola bassa senza tamburo direttamente sul vano centrale, che aveva la particolarità di far entrare molta luce, così da illuminare notevolmente l’intera chiesa. L’interno è a croce greca e risulta allungato longitudinalmente sia nell’ ingresso che nella zona absidale.

Arredi ed opere artistiche

Degli arredi originali della chiesa, oltre alcuni armadi, rimangono la tribuna del coro, che però è irraggiungibile in quanto il vano che conteneva la scala d’ingresso è stato venduto dalla curia insieme alla costruzione alla destra della chiesa per farne civili abitazioni, nonché  i  marmi policromi dei tre altari.

Originali sono pure le tele sugli altari laterali che rappresentano l’Addolorata con la Maddalena  e altri Santi sull’altare di sinistra, mentre su quello di destra raffigura Santa Margherita da Cortona adorante Cristo che appare fra gli angeli. Secondo il Chiarini la tela di Santa Margherita è attribuibile al Bonito, mentre l’altra ad un suo allievo. Nelle basse volte erano presenti anche due affreschi di Angelo Mozzillo, noto  pittore afragolese, che sono andati perduti e che rappresentavano “…l’arrivo di Tobiuzzo con Sara in casa del cieco genitore, e la prodigiosa appellazione di Medicina Dei data al Santo Arcangelo”.

Furti e degrado:

Nella Chiesa si trovava  anche un quadro di una Madonna con Bambino e San Giovaninno di Francesco De Mura che è stato rubato nel 1977. Della scuola del Bonito è anche un altro quadro, trasferito in un luogo più sicuro,  che rappresenta San Raffaele Arcangelo che offre i voti delle sue figlie religiose e Tobia.

Entrando sulla destra troviamo una teca  settecentesca con la statua lignea dell’Arcangelo Raffaele col piccolo Tobia, rappresentato con un pesce in mano e il suo fedele cagnolino, secondo l’iconografia che ha origini dall’omonimo racconto biblico. Purtroppo il Tobia è una copia, la statua originale è stata trafugata nel 1981 e in quel contesto fu danneggiata anche la statua dell’Arcangelo a cui furono sottratti i paramenti e spezzato un dito successivamente riparato alla meglio.

La cointestataria  della chiesa: Santa Margherita da Cortona

Sul lato sinistro è posta la statua lignea di Santa Margherita da Cortona, canonizzata qualche anno prima della costruzione della Chiesa. La Santa era una peccatrice convertita dopo una vita drammatica e dissoluta, divenuta terziaria francescana si dedicherà esclusivamente alla preghiera ed alle opere di carità. Margherita viveva crisi mistiche e visioni. E fu promotrice di numerose opere di assistenza per i poveri e per gli ammalati.

Sottratte nel 1983 anche le splendide campane settecentesche in lega di argento  situate in un campanile a vela gravemente danneggiato dal terremoto del 1980 e di cui si era dovuto procedere all’abbattimento per imminente pericolo di crollo. I furti e i vandalismi hanno vessato la chiesa e il ritiro per diversi anni nel 1977, nel 1978, nel 1981, nel 1985 e nel 1987. Sono stati rubati anche preziosi oggetti liturgici dell’oreficeria napoletana del ‘700, fra cui reliquiari e reliquie, quadri e arredi sacri, più tutti gli ex voto di argento donati dai fedeli per le miracolose guarigioni dell’Arcangelo Raffaele “medicina di Dio”, per i bambini avuti, e per i matrimoni effettuati. L’accesso del  ritiro è su salita Porteria San Raffaele (dove porteria indica appunto l’ingresso della struttura).

Snaturamento dello scopo di fondazione

Nel 1820, dopo un lascito di un nobile prelato, tal canonico Lignola snaturò il primitivo scopo dell’asilo che era rivolto solo al recupero delle pentite, le cosiddette “ pericolate “, a cui volle affiancare la preservazione delle “pericolanti” organizzando una scuola ed un asilo “per oneste giovinette “ poiché “qualche figlia o sorella o nipote di qualche povera pentita…essendo vergine non può convivere  in detto ritiro”.

Antiche Pubblicazioni :

Nel 1860 da Notizie del bello dell’antico e del curioso della Città di Napoli di Carlo Celano a cura di  G.B. Chiarini leggiamo:”attualmente  nel pio luogo, tra donne tornate a virtù, sono unite anche vedove ritirate ed oneste giovinette, sotto la regola dei PP Serviti….Si esercitano in vari lavori propri del loro sesso, e per particolare profitto di ciascuna, e per lo ammaestramento delle così dette recluse interne, le quali vi imparano anche a leggere e  scrivere”.

 Teresa Filangieri Ravaschieri Fieschi nella sua storia della carità napoletana del 1879: “oggi il pio luogo non risponde più al suo antico fine, e presenta un aspetto doloroso per miseria ed organamento: Le giovani pericolate hanno preso il posto delle donne pentite; con le pericolate sono confuse le pericolanti e le une e le altre vivono in angusti locali”.

Il ritiro, da allora sovraffollato, diventa sempre più fatiscente ed è chiuso definitamente agli inizi del 1890. I locali sono acquisiti dalla Curia che non ne preserva lo stato.

Situazione Attuale

Il colpo di grazia per la struttura  avviene  col sisma del 1980; da allora l’edificio è puntellato e ingabbiato in tubi innocenti dai tecnici del comune “per urgenti lavori di ristrutturazione in danno” come risulta ancora da una vecchia targa posta sull’ ingresso…un’urgenza che dura ormai da quarant’ anni!

Quando poi  nel luglio del 2003 “ La metropolitana di Napoli S.p.a “ consegna la moderna e artistica stazione di Materdei, per nascondere la struttura pericolante che era un vero obbrobrio in quella piazza ristrutturata e abbellita, si avvolse l’intero edificio in un enorme telone raffigurante un pannello di arte contemporanea. Dopo circa 15 anni il telone è andato distrutto, riportando alla luce lo scandalo e la vergogna di quella martoriata struttura. Dopo 40 anni dal terremoto quello che è un pezzo di storia della città è vergognosamente abbandonato alla peggiore  incuria e all’ indifferenza delle autorità locali.

Devozione :

“San Rafele mio Mannamillo piccirillo Bellillo E  cu’ e denare dint’ ‘o vurzillo.”

Sant’ Arcangelo Raffaele  è protettore di: ammalati, ciechi, farmacisti, fidanzati,
giovani, infermieri, medici, pastori e viaggiatori.

 Il culto di San Raffaele è molto diffuso fra i napoletani e la chiesa di Materdei è stata la prima in città ad essere intitolata al santo, anzi a pochi anni dalla sua costruzione l’Arcangelo è divenuto nel 1797 uno dei cinquantadue compratoni di Napoli. (Rafa’el in ebraico significa “Dio ha guarito”): medicina di Dio.

Ai piedi della statua esposta a Materdei c’è un grosso pesce come rappresentato nel racconto biblico del libro di Tobia.  La mentalità popolare ha legato l’animale ai simboli dell’abbondanza  e della fertilità, usanza già nota anche negli antichi riti pagani e in epoche successive lo stesso pesce venne ripreso anche dai cristiani come simbolo dell’abbondanza. Per queste ragioni i fedeli iniziarono a venerarlo e baciarlo. L’usanza si propagò velocemente in città e in modo particolare ogni 24 ottobre, nel  giorno della festa del Santo, schiere di fedeli, specie giovani coppie in cerca di figli e zitelle in cerca di marito, effettuavano il rito propiziatorio di …“baciare il pesce di San Raffaele”.

Tradizione popolare e il detto “Va a vasà ‘O pesce e San Raféle”

È convinzione dei fedeli dei quartieri popolari napoletani, che perpetuando questa usanza L’Arcangelo sia in grado di aiutare i fidanzati e gli sposi a completare la famiglia con un figlio. In altre parole, San Raffaele Arcangelo è in grado di concedere fertilità alle coppie che ritengono di avere dei problemi a procreare. Pare persino (verità o leggenda) che una regina di casa  Savoia vi abbia fatto ricorso per ottenere un erede al trono.

Questa tradizione è riportata anche nel testo di “Italiella”, una canzone popolare anonima e satirica, probabilmente cantata originariamente nel 1868 come musica di accompagnamento per un carro carnevalesco, dove si legge:“A mugliera ‘e Manuele vasa o’ pesce ‘a San Rafele.” Il testo e gli arrangiamenti sono stati ripresi nel 1977 dalla NCCP ((nuova compagnia di canto popolare).

Nel popolo  napoletano oltre il sentimento religioso è marcato un notevole senso dell’ironia: il saper prendere e prendersi in giro e l’umorismo non mancano mai, anche tra cose sacre e profane. Spesso usiamo   questa frase augurale e propiziatoria non per ottenere i favori del santo ma per mettere in imbarazzo e far arrossire le giovani “zitelle” infatti la si fa  risaltare nel tono e la si  accompagna con un sarcastico sorrisetto, per cui emerge un  doppio senso malizioso che il pesce sia riferito al sesso dell’ Arcangelo.

Fonti   bibliografiche:

Descrizione della città di Napoli e i suoi borghi Giuseppe Sigismondo – Fratelli Terres 1798

Nuova guida per Napoli e suoi contorni di Giuseppe Maria Galanti 1845

Napoli e i luoghi celebri delle sue vicinanze Napoli 1845

Notizie del bello dell’antico e del curioso della città di Napoli raccolte dal canonico Carlo Celano a cura del cav. Giovanni Battista Chiarini – 1860

Storia della carità napoletana – vol. IV -Teresa Filangieri Ravaschieri Fieschi 1879

Guida sacra della città   di Napoli   Gennaro   Aspreno   Galante Soc. editrice napoletana 1985

Napoli fuori le mura   Alfonso Gambardella   Gioisi   Amirante – ed.scientifiche  italiane  1994

Chi tene   sante, va mparaviso – Claudio Pennino ed. Intra Moenia – 2017

Internet: Il “Ritiro delle Oblate di San Raffaele” sulla collina di Materdei di Napoli. Blog del 2017 di Tino Amico.

Dello stesso autore su questo magazine : Articoli di Antonio Colecchia

 

 

 

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