Negli ultimi mesi, a Napoli, nel Palazzo Zevallos-Stigliano, si è tenuta una mostra dal titolo “David e Caravaggio“.
Pezzo centrale dell’esposizione è una copia di bottega di “La morte di Marat” di Jacques-Louis David.
Il quadro è molto famoso, tutti lo abbiamo studiato a scuola, e sicuramente il fatto che ad essere stata esposta sia una copia, ha scoraggiato molti dall’andare a vederlo.
Ma un’esperienza così avviene poche volte nella vita.

La mostra di per sé è impostata in maniera perfetta.
Appena entrati i visitatori si trovano davanti un video che mostra, con gli occhi di vari registi, alcuni tra gli eventi più importanti della Rivoluzione Francese.
Questa prima fase, se pur poco interessante per i più, crea, nello spettatore che vi è predisposto, una esaltazione non indifferente.
Nonostante la sostanziale apatia dei nostri tempi, scene di rivolta, di masse in movimento, riescono a smuoverci non poco e a ricordarci degli incredibili eventi della rivoluzione che abbiamo ormai abbandonati ad impolverarsi sui libri di scuola.

Napoleone valica il Gran San Bernardo

Nella sala successiva ci sono vari quadri minori di David e potrebbe capitarvi, di imbattervi quasi per sbaglio nell’opera più famosa del gruppo.
“La morte di Marat” si erge così, magnifica ed infinitamente vicina.
Sembra quasi che il visitatore, passando nel corridoio, si sia imbattuto nel reale omicidio di un uomo che fa il bagno nella camera affianco. Ed è questa la genialità del pittore rivoluzionario. Egli non crea un quadro enorme o qualcosa di glorificante come farà poi con “Napoleone valica il Gran San Bernardo”, ma ci dà l’immagine di un uomo, o ancora più di una mente, la mente della rivoluzione, assassinata da chi non riesce a sconfiggerla altrimenti.

Charlotte Corday

Vederla in prima persona dà anche un’idea della genialità di Paul Baudry, che, sebbene nel suo quadro “Charlotte Corday” voglia esaltare l’assassina anziché il martire, riunisce in un’unica immagine il quadro di David e lo spettatore, dando l’impressione di essere riuscito a capire alla perfezione l’opera a cui si voleva contrapporre.

Insomma, questa esposizione è la prova che chi conosce l’arte può creare mostre perfette, facendoci vedere ciò che l’artista, effettivamente, intendeva donare ai posteri.

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