Parte oggi, a Piazza del Plebiscito, la tre giorni dedicata per celebrare Massimo Troisi e il gruppo con cui iniziò la sua carriera – La Smorfia – grazie al quale iniziò a farsi conoscere prima nei teatri napoletani come il San Carluccio e poi con programmi televisivi del calibro di Non Stop e Luna Park.

Tra coloro giunti a ricordare colui che, dopo Totò ed Eduardo de Filippo, seppe mostrare il lato umano di Napoli, oltre ad Enzo de Caro e Lello Arena – che facevano parte con lui della Smorfia – anche Pippo Baudo e Giancarlo Magalli, grazie ai quali approdarono in televisione nel 1977.

Fu nel 1981 che uscì, al cinema, Ricomincio da Tre, il primo film diretto da lui e scritto in collaborazione con Anna Pavignano, nel quale mostrò il suo stile: il passaggio tra ruoli comici a quelli più riflessivi con la mimica corporale – gestuale e l’introduzione di un antieroe incapace di decidere qualsiasi cosa nonostante tenti di farlo.

Riconfermò tale formula nel 1983 con Scusate il Ritardo e nel 1984 con Non Ci Resta che Piangere, dove il suo duetto con Roberto Benigni – basato tra contrasti caratteriali e linguistici – regge in bravura quelli tra Jack Lemmon e Walter Matthau.

La sua maggiore evoluzione registica avvenne con Le Vie del Signore Sono Finite del 1987, con soluzioni tecniche costruite più sui personaggi che sulle situazioni e con un ritmo meno statico nella regia, che funge da “soggettiva esterna”.

Un altro grande duetto fu quello con Marcello Mastroianni su regia di Ettore Scola in Splendor (1988) e in Che Ora E’? (1989), nei quali avviene un confronto generazionale tra due modi di recitare che sono in grado di combinarsi, donando profondità ai personaggi.

Dopo Il viaggio di Capitan Fracassa (1990) – ultima sua collaborazione con Scola – e Pensavo Fosse Amore… Invece Era Un Calesse (1991), un’analisi sulle difficoltà di coppia, il suo “testamento artistico”: Il Postino, tratto dal libro Ardiente Paciencia, dello scrittore Antonio Skármeta e co-diretto con Michael Radford del 1994, dopo le cui riprese morì, nel sonno.

Se Massimo Troisi fosse vissuto ancora, di certo avrebbe continuato a realizzare film, narrando dell’antieroe che è in ognuno di noi (magari anche un sequel di Non Ci Resta che Piangere con, oltre a Begnini, anche Enzo de Caro e Lello Arena).

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