Il tradimento, l’inganno, la slealtà, sono strumenti della lotta politica di ogni tempo e luogo, ma nel pieno Medioevo, forse, per le particolari condizioni storico-sociali dell’Italie e dell’Europa questi ‘arnesi del male’ sono stati fatti assurgere come elementi di una dottrina, non solo con Machiavelli, ma fin nel semplice quotidiano di ciascuno ancora oggi.

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Quotidianamente, non essendoci armi da fuoco, al tempo era facile rischiare che una lama penetrasse il proprio corpo e morire dissanguati o di orribili infezioni dopo essere stati mutilati, per non parlare di veleni che portavano alla morte certa, nei casi fortunati veloce, oppure dopo giorni di dolore, febbri e tormenti. Sicuramente nessuno nel Medioevo pensava di poter campare cent’anni.

Andrea Bonaiuto Bernabò Visconti e la moglie Beatrice Regina Della Scala, particolare dalla Chiesa militante e trionfante, affresco, 1365-1367 Cappellone degli Spagnoli, basilica di S.Maria Novella, Firenze fonte ph: wikipedia

Vi è indubbio che ognuno scrive il suo destino, soprattutto scegliendo al via del potere e della tirannia, nei casi opposti si può essere vittime di congiure, tradimenti, solo perché facenti parte di quelle famiglie (tendenzialmente di ceti alti) che rientravano nelle rame e nell’ordito di una società pericolosa e di putredine.

Tra questi personaggi, definiti in questi articoli Mostri del Medioevo, seguono alcune figure armate di ira e di collera, tale che lambendo il cuore e l’animo, ha pervaso per sempre la via ‘santa’ che tanto in quei secoli si agognava.

Famosi nella storia, e spesso ricordati insieme la Triade dei Visconti. La malvagità dei Signori di Milano che tra il Trecento ed il Quattrocento fecero tremare ogni cittadino. Non si contano gli aneddoti sulle perfidie operate Da Bernabò Visconti, da Giovanni Maria suo nipote e da Filippo Maria Visconti (suo fratello).

stemma dei Visconti fonte ph: wikipedia

Il primo, Bernabò Visconti viene descritto storicamente come uomo di bell’aspetto, intelligente, colto, astuto, fine politico ed abile giurista ma anche facile all’ira, impaziente, insaziabile, avaro, vendicativo e capace di atti di incredibile e maniacale crudeltà. Famosi sono i racconti su di lui che gettava nemici e fanciulle da lui sedotte in pozzi con lame sul fondo. Utilizzava per le sue vittime la ‘stanza della goccia’ per sottoporre i malcapitati ad un atroce supplizio. Inoltre uccise l’amante della figlia Bernardina, e quest’ultima fu chiusa viva. Essa fu confinata a pane e acqua nella rocchetta di Porta Nuova, senza più uscirne, morì dopo sette mesi. Fu rivista viva a Bologna e Bernabò, per accettarsi che forse veramente morta, diede ordine di farla riesumare. Dopo aver letto il plico papale, ovvero la bolla, Bernabò disse ai due legati del clero: “Scegliete pur voi, o mangiare o bere“, i due capirono che il “bere” significava essere buttati nel fiume e preferirono ingoiare la pesante pergamena con tanto di cordone di seta, da cui il modo di dire “mangiare la foglia” (manger la feuille: “mangiare il foglio” in francese). Uno dei legati si chiamava Guglielmo da Grimoard, futuro Papa Urbano V che non perdonò mai l’affronto. Legò un alto diplomatico su un destriero indomabile che fu trascinato via, bruciò sulla graticola un legato papale.

Andrea Bonaiuto Bernabò Visconti e la moglie Beatrice Regina Della Scala, particolare dalla Chiesa militante e trionfante, affresco, 1365-1367 Cappellone degli Spagnoli, basilica di S.Maria Novella, Firenze fonte ph: wikipedia

Aveva dato disposizioni sulla caccia, a cui era molto legato, e chi non le rispettava pativa le sue vendette: famosa fu la sua vendetta quando scoprì che alcuni di loro violavano le sue disposizioni, non solo li fece catturare, ma cavare gli occhi e torturare atrocemente per poi impiccarli. Pare che almeno un centinaio di persone fecero questa fine. Fece impiccare l’abate del convento di San Barnaba che aveva catturato delle lepri. Decretò che nessun giudice sarebbe stato pagato se non avesse prima messo a morte un uccisore di pernici. Amante dei cani, a tal punto, che creò una riserva con 5000 cani, che oggi corrisponde al borgo Quarto Cagnino (da cui il nome) e che, chiunque presentasse un cane in cattiva forma veniva malmenato o era soggetto a pesanti multe e in caso di morte dell’animale si ricorreva alla confisca dei beni.

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Il nipote Giovanni Maria Visconti anche lui si distinse per l’indole incostante, ed ebbe la passione per la caccia ma quando iniziò ad annoiarsi dall’uccidere bestie (che comunque non potevano lamentarsi a sufficienza), per appagare il suo piacere sadico, fece addestrare i suoi cani per inseguire e sbranare uomini vivi. Inizialmente si fece consegnare dai tribunali di Milano tutti i condannati per le sue battute di caccia, in seguito denunciò i suoi complici dei misfatti per sopperire alla mancanza dei condannati, fino agli uomini illustri della città come alcuni suoi parenti. Nel maggio del 1409 il popolo affamato invocò al suo passaggio la pace, per questo scatenò sulla popolazione le sue soldatesche; e a quel momento proibì, secondo leggenda, con pena la forca, di pronunciare le parole “pace” e “guerra”, a tal punto che perfino gli ecclesiastici durante la messa pronunciavano: dona nobis tranquillitatem, sostituendo in luogo di pacem.

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L’ultimo duca della dinastia, fratello di Giovanni, Filippo Maria Visconti, ebbe un fisico debole per rachitismo e nell’animo era misogino e misantropo. Per ogni cosa si affidava ciecamente agli astrologi, perché molto superstizioso. Ipocondriaco e maniacalmente sospettoso anche nei confronti dei familiari che erano costantemente sorvegliati da una rete di spie, persino i confessori della moglie e dell’amante gli riportavano ogni parola. Accusò la moglie Beatrice di Tenda di adulterio con un domestico, tale Michele Orombelli e la donna dopo aver confessato sotto tortura, venne condannata a morte e decapitata nel castello di Binasco, insieme al suo presunto amante, il 13 settembre 1418. Il piano fu ordito, secondo alcuni, con la complicità della nobildonna Agnese del Maino, dama di compagnia di Beatrice e amante del marito Filippo. Sembra inoltre che il marito non sopportasse Beatrice a causa del carattere forte ed invasivo della donna, che trattava il duca quasi alla stregua di un precettore. L’altra moglie Maria di Savoia lasciata al suo destino e senza una degna dote dalla famiglia, fu vessata e tenuta da parte dal marito, che aveva una relazione stabile con Agnese del Maino da cui aveva avuto la futura duchessa di Milano Bianca Maria, Maria non ebbe figli e visse in solitudine fino alla morte, soprattutto perché la donna fu preceduta da eventi fortuiti che il superstizioso poi interpretò come sinistri presagi.

Un terrible cancro che Milano generò e dovette subire nella vita medioevale dell’epoca, tre uomini per un destino crudele in cui grazie alla ferocia ed il potere hanno sterminato la pace e la tranquillità della società dell’epoca, portando morte e distruzione, guerra e tragedie nella vita di chi visse i loro stessi giorni.

dipinto di copertina: Il quadro di Ludovico Pogliaghi “La morte di Giovanni Maria Visconti”, commissionato nel 1889 fonte ph: milanocorriere.it

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