La “Casa di Ghiaccio” è un’opera della studiosa e traduttrice Serena Vitale, in cui racconta venti brevi storie russe, tratte dalle cronache del periodo del regime zarista tra il XVIII e il XIX secolo.

La Russia zarista era fondata su un regime totalitario molto rigido, in cui i contadini erano ancora considerati proprietà dei latifondisti, non potevano spostarsi volontariamente dai propri villaggi, ma potevano essere venduti da un proprietario all’altro. Tale regime era decaduto nel resto d’Europa già nel Medioevo, ma in Russia, perché questo avvenga, bisognerà attendere il 1862. Dunque la maggior parte del territorio coltivabile era suddiviso in latifondi di proprietà dei boiari, famiglie aristocratiche molto influenti e potenti, poiché possedevano incarichi come ministri o consiglieri dello zar.

Alla morte di Pietro I, i suoi eredi più prossimi erano la seconda moglie Caterina I, che morì poco dopo, e i figli, ma morirono anch’essi molto giovani. Non restavano a questo punto che le figlie del fratello, ma non godevano di buona salute nemmeno loro e, alla loro morte, l’unica in grado di salire al trono era Anna, la vedova del Duca di Curlandia. Per i boiari la candidatura di Anna al trono fu una gioia, perché la consideravano facilmente manipolabile, quindi avrebbero potuto mantenere i loro privilegi e continuare ad avere un ruolo importante nel regno. Ma contro le aspettative dei boiari, Anna non fu per niente manipolabile come credevano, anzi era una donna incattivita dalla miseria in cui la famiglia l’aveva lasciata alla morte del marito, quindi non si fidava né dei boiari, né del popolo, di cui temeva una possibile ribellione. Gli unici che aveva al suo fianco erano i suoi collaboratori baltici.

Anna era una donna molto ignorante, dai modi rozzi e grassa, mangiava a dismisura ed i suoi passatempo preferiti erano la caccia, conoscere i pettegolezzi sulle vite dei boiari, raccontati dalle dame di compagnia di cui si circondava più ignoranti di lei, e divertirsi con i buffoni, che per farla ridere dovevano azzuffarsi e farsi male davvero.

L’episodio che dà il titolo al libro si riferisce allo stravagante modo di divertirsi della zarina Anna, che nel 1773 per fare un dispetto ad una delle famiglie più influenti, assume come buffone un loro parente Michail Golicyn, il quale si era messo nei guai sposando un’italiana e per la quale aveva abiurato la religione ortodossa per quella cattolica; due azioni gravissime per la Russia dell’epoca. La famiglia per evitargli chissà quali pene aveva deciso di fargli avere quella che oggi definiamo l’infermità mentale, quindi farlo passare per scemo. Questa notizia suscitò molto interesse da parte di Anna, che lo volle a corte come buffone.

Il pover uomo, in realtà non era per niente stupido, aveva studiato alla Sorbona in Francia, era un ex militare, era solo sfortunato con le donne, vedovo per ben due volte, anche la seconda moglie, quella italiana sposata da poco, era morta.  In ogni caso accettò l’incarico di buffone per 7 anni col nome d’arte di Kvasnik, sopportando che tutti lo deridessero e si divertissero gettandogli addosso bicchieri colmi di Kvas, (una sorte di birra molto leggera che si consuma nell’Europa dell’Est), che lui stesso serviva durante i pasti.

Ma le perfidie di Anna non si limitarono solo a questo. Tra le sue serve vi era una calmucca (popolo della Russia orientale, simile ai mongoli) di nome Avdotja Ivanovna, considerata la donna più brutta di tutta la Russia. La donna aveva confidato alla zarina il suo desiderio di conoscere l’amore, la zarina subito pensò di tirare un altro brutto tiro al povero Golicyn, facendolo chiamare e ordinandogli di sposarla. Anche questa volta l’uomo accettò senza alcuna obiezione.

A dire il vero sembra che Avdotja non fosse nemmeno tanto brutta, piuttosto era sporca e trasandata, come tutte le persone del popolo, e una volta fatto il bagno e vestita in modo decente, Golicyn pensò di non essere finito male.

Ma l’intento della zarina Anna era rendere quel matrimonio un vero inferno. Fece costruire per i due sposi un’enorme casa completamente di ghiaccio sulle rive della Neva, dove la coppia avrebbe dovuto vivere per i primi tempi. La casa comprendeva un giardino con alberi e uccelli, all’ingresso due delfini che dalla bocca caciavano zampilli d’acqua di giorno e fuoco di notte, due dépendances a forma di piramidi, personale di servizio, giardinieri e palafrenieri, persino un elefante che barriva se nel suo interno si suonava la tromba, due stanze con cinque finestre coperte con stampe oscene, una era la camera da letto  con un camino con pezzi legno che ardevano, un letto a baldacchino, l’altra era la camera da pranzo perfettamente arredata, e infine vi era persino una sauna. Ma tutto ciò era completamente fatto di ghiaccio.

Il matrimonio fu celebrato il 6 febbraio 1740, dopodiché i due sposi furono accompagnati alla loro nuova casa e scortati fino alla camera da letto, restando di guardia fuori come aveva disposto la zarina Anna, per evitare che i due fuggissero e perdersi lo spettacolo divertente che aveva messo in scena.

Contro ogni previsione Michail e Avdotja trascorsero la loro prima notte di nozze benissimo, tant’è che nove mesi dopo la donna partorì il loro primo figlio, Aleksej e dopo un po’ ebbero anche il secondo, Andrej. La casa di ghiaccio si sciolse un mese dopo il matrimonio a marzo, e ad ottobre all’età di quarantasette ann Anna, ormai obesa, morì a causa di una colica renale. Alla sua morte i due poterono trasferirsi a Mosca. Tutto sommato fu un matrimonio felice, peccato che anche Avdotja dopo alcuni anni morì e Michail si sposò una donna molto giovane, da cui ebbe altre tre figlie, era il quarto matrimonio. Lui morì nel 1778, all’età di novant’anni.

L’episodio della “Casa di ghiaccio” è contenuto anche nel saggio “Zarine” dello scrittore franco-russo Henri Troyat, in cui espone un quadro ancora più completo delle figure femminili che hanno regnato durante il regime zarista del XVIII secolo, descrivendo la vita, gli intrighi, gli scandali, le congiure e tutto ciò che avveniva a corte durante i regni della zarina Caterina I, la zarina Anna I, la zarina Elisabetta e la zarina Caterina II.

Che dire buona lettura!

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