Chi di noi non vorrebbe anche solo per una volta poter parlare con chi non c’è più? Il dolore più grande quando si perde una persona cara è dover abituarsi alla sua assenza. Per questo motivo in Giappone, a seguito del terribile tsunami del 2011, che ha causato la morte di circa 20.000 persone, è stata inventata una cabina telefonica per parlare con i defunti.

In realtà il celebre “Wind Phone”, il “telefono del vento” (Kaze no Denwa in giapponese) fu un’invenzione di Itaru Sasaki precedente allo tzunami del 2011. A seguito della perdita di suo cugino nel 2010, costruì una cabina telefonica bianca nel suo giardino chiamato Bell Gardia, così da potergli parlare ancora. Quando il terremoto e lo tsunami uccisero circa il 10% della popolazione che viveva nella sua città, Sasaki decise di mettere il “telefono del vento” a disposizione di tutti coloro che ne avessero bisogno. Accorsero così tante persone che il suo giardino divenne un vero e proprio luogo di pellegrinaggio e così è ancora fino ad oggi.

Per utilizzare il Kaze no Denwa non bisogna inserire né monete né gettoni, si può anche solo ascoltare il rumore del vento, o i propri ricordi, oppure parlare di sé con chi non c’è più.

Il motivo è semplice, si pensa che poter parlare con i defunti aiuti ad affrontare, accettare e superare in qualche modo la sofferenza, soprattutto nei casi di morti improvvise.

Sulla storia della cabina telefonica bianca la tv pubblica giapponese ha prodotto un documentario “Il telefono del vento – sussurri alle famiglie perdute”, e stato scritto un libro intitolato “Il telefono del vento – Quello che ho visto al telefono nei sei anni dal terremoto”, ed è prevista anche l’uscita di un film intitolato “The Phone of the Wind”, diretto da Nobuhiro Suwa.

Al di là del “telefono del vento”, ognuno di noi ha la necessità di stabilire in qualche modo un contatto con chi non ha più accanto a sé, per me ad esempio basta andare al mare e osservarlo per sentire vicino chi porto dentro il mio cuore per sempre.

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