La Donna da sempre è oggetto di studio da parte di illustri antropologi e di sociologi, soprattutto il rapporto e l’apporto che da essa e per essa è scaturito nei secoli, o meglio dalle origini ad oggi.

Si ipotizza, e in parte è confutato, che la figura primitiva della donna sia stata da subito oggetto di ammirazione e viceversa dal genere maschile. La donna nella prima fase di formazione della suddivisione dei compiti della sopravvivenza viene messa in disparte, quale sesso debole, fisicamente parlando; ma, ella stessa genera un ruolo all’interno del nucleo familiare fondamentale, legato alla raccolta di cibo, di acqua, di piante che servivano al nutrimento di base. Se solo supponiamo che la caccia era estremamente faticosa e pericolosa, possiamo trarre le conclusioni che il più delle volte gli uomini tornavano a mani vuote e quindi per sopravvivere la ‘femmina’ aveva provveduto con un’alimentazione, anche se scarsa, utile per affrontare il giorno. Se aggiungiamo a questa idea anche il valore aggiunto di procreare come la natura con fiori ed i frutti, così la donna con la progenie, quindi, il maschio non può che elevare spiritualmente e divinamente la donna al rango di Mater Familias.

Non a caso tra le prime sculture ritrovate, di forma umana, e che fu realizzata 35 mila anni fa vi è una “venere“: una donna grassa, con seni spropositati, natiche grandi e sporgenti e una vulva accentuata (ritrovamento nella grotta di Hohle Fels – Germania). Era con tutta probabilità una divinità femminile che veniva portata al collo. Il ruolo delle donne quindi doveva essere importante, non inferiore a quello dei maschi. Per tutto il Paleolitico, specialmente 25 mila o 20 mila anni fa, le cosiddette Veneri, statuine ritrovate in Europa e Asia, hanno rimarcato il concetto del “dio femmina”, molte di queste opulente, abbondanti o gravide. Un altro importante riscontro si avrà con le scoperte dell’antropologa Marija Gimbutas (1921-1994), che in decine di campagne di scavo, raccolse segni a spirale, simboli femminili, e sculture di divinità femminili della fertilità o di “donne-civetta”, trovate in sepolture che non indicavano differenze sociali fra i defunti. Presagisce quindi che nella vecchia Europa, e non solo, era esistita una grande civiltà precedente ai Sumeri e ai Greci con una civiltà delle donne egualitaria, pacifica, che credeva in una dea madre.

Il cambiamento lo avremo con due grandi popolazioni i Sumeri e i Greci. Come sappiamo queste due popolazioni hanno da sempre basato la loro società sulla figura maschile: con i Sumeri il re doveva accoppiarsi con una grande sacerdotessa che rappresentava la dea Inanna. Dagli studi di Luciana Percovich possiamo trarre che i re venivano eletti e restavano in carica solo un anno, ma pian piano che questi arrivavano al potere prorogavano il mandato, ponendo le basi di un potere più forte contro quello religioso femminile, fino a designare sacerdoti maschi e fondare tutto sul concetto dinastico, eliminando l’egemonia femminile. Nel secondo caso, la figura femminile con i Greci è relegata alla casa. La donna è madre e generatrice e quanto tale deve essere preservata. Poche sono le elette: vergini ancelle e o sibille, ma nessuna è la grande generatrice. Non a caso Zeus sconfigge il padre Urano, con l’aiuto dei fratelli e una volta al potere manda la Madre Gea nell’oblio attuando una completa ed innaturale, nonché illogica inversione dei ruoli. Sempre quale Dio degli Dei, partorì dalla sua testa la figlia Atena: la sapienza e la cultura.

La figura della donna diviene divina, ma essa detiene e presiede i Sentimenti, i Simbolismi, le Arti Magiche, figlia di un Dio-Uomo superiore. A presiedere i tre regni, ovvero cielo, mare e inferi le tre divinità-uomini: Zeus, Poseidone e Ade, mentre le tre sorelle Era, Demetra, Estia presiedono: la famiglia e le unioni; la seconda la fertilità della terra, piante e fiori; e la terza il focolare, la casa e il parto.

Una sorta di sottomissione, o comunque d’inferiorità, inoltre, nelle leggende pagane esse diventano invidiose, legate solo alla beltà, agli orpelli, ai tranelli e alle punizioni. Esse sono vendicatrici, usano sortilegi, sotterfugi. La figura della donna inizia a perdere di credibilità, allontanandosi dal sapere e dalla cultura. Essa rientra nella sfera della natura, mentre l’uomo sempre più rientra in quella della cultura.

Le donne incominciano ad assumere la figura di esseri immondi e di esseri angelici: arpie, mostri, sirene mentre nel secondo caso sono angelicate, sibille, fate, nereidi e muse. Inevitabile, quindi, con l’arrivo del fondamentalismo Cristiano che la donna sia oggetto di elevazione spirituale e divina, ma in una società, prettamente maschile e patriarcale, in cui l’uomo è il pater familias e prende le decisioni. È il Sommo Padre Eterno che manda un angelo di nome Gabriele che annunzia ad una donna umana e del popolo, che è stata scelta per portare in grembo il figlio dell’Altissimo. Questi maschio anche lui, e che sarà la salvezza dell’umanità intera. Quindi la donna è di nuovo colei che accetta il destino, le viene imposto un ruolo, essa è generatrice, quale santa, accetta senza paura. Ecco che la società con impostazione della politica dei re e degli imperatori, crea una donna consorte, di una religiosa, santa, di una generatrice di una serva e di una contadina.

La condizione della donna nella società, lungo il corso dei secoli, subisce parecchi cambiamenti, a seconda dell’evoluzione politica e giuridica dei popoli, della diversità dei fattori geografici e storici, e della sua appartenenza ai vari gruppi sociali. Oggi la donna domina il mondo attuale? Molti parlano di evoluzione e di emancipazione moderna, che sempre più pone la donna parte integrante della società moderna, ma c’è ancora tanto da fare… anzi da far fare alle donne.

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