Stamane era prevista la visita guidata all’area archeologica di Cuma, ma ovviamente per evitare assembramenti abbiamo sospeso le attività. Però il nostro obiettivo è rendere la cultura a tutti, in qualsiasi modo, e in questa occasione in cui restiamo a casa o comunque evitiamo di esporci troppo, vi teniamo compagnia con visite guidate ‘virtuali’, con video od articoli… poi quando potremo la vedremo dal vivo! Buona Lettura!!!
Cuma, il nome deriva dal greco Kyme che significa “onda” facendo riferimento alla forma della penisola, essa è ubicata a ovest del lago del Fusaro. La collina si formò nel 1° Periodo Flegreo, ovvero 42mila anni fa, dalle lave e dal tufo giallo postcalderici del 2° Periodo Flegreo. Seppur abitata in età preistorica e protostorica (cosiddetta età del Ferro) intorno alla metà del VIII sec. a.C. dagli stessi ischiatani detti Calcidesi, ma divenne famosa come colonia ellenistica della Magna Grecia. Secondo una leggenda, i fondatori di Cuma furono gli Eubei di Calcide arrivati su questa terra attratti da suoni di cembali o da una colomba che volava su quelle terre.
Fra il VII e il VI secolo la città e la sua popolazione si affermò con il suo dominio su tutto il litorale della Campania, fondando tra l’altro Neapolis. Ad essi si deve anche la diffusione tra le popolazioni italiche dell’alfabeto greco calcidese, e stabilì il suo predominio su quasi tutto il litorale campano fino a Punta Campanella, raggiungendo il massimo della sua potenza.
Questo era di intralcio al potere degli Etruschi di Capua e degli Aurunci di Roccamonfina, che uniti con i Dauni del Gargano crearono una lega per sconfiggere territorialmente e commercialmente la grande Cuma. Nel 524 a.C. sotto il tiranno Aristodeno (Màlaco) fu sconfitta la lega. Dopo questa battaglia ne seguirono altre due vittoriose per i Cumani: la prima, accanto ai Latini ad Aricia ed una seconda nel 474 a.C. al fianco dei Siracusani con la flotta cacciandoli definitivamente dal territorio. Infatti queste guerre vengono ricordate come battaglie di Cuma o Campagna di Cuma.
Nel 421 fu occupata però dai Sabelli (sanniti osco-umbri) rimanendo però con usi e costumi ellenici. Nel 334 a.C. la popolazione cumana, oramai parte della conquista romana della Campania, diviene civitas sine suffraggio (città senza voto) e poi, dopo aver fermato Annibale, divenne Municipium. Ciò permetteva di poter usare il latino per gli atti ufficiali e rientrare nella potente base per la flotta navale creata da Ottaviano. Dopo la vittoria, del futuro imperatore su Sesto Pompeo, Cuma divenne un luogo di riposo e quiete, un rifugio dalla tormentosa Pozzuoli, anche grazie alla presenza della Silva Gallinaria, ovvero la macchia mediterranea con lecci su fondo sabbioso privo d’acqua, che tutt’ora circonda parte de sito archeologico.
Abitata in passato da Tarquinio il Superbo, l’ultimo re di Roma, che visse gli ultimi anni della sua vita in esilio a Cuma dopo l’instaurazione della Repubblica Romana e nel 78 a.C. da Lucio Cornelio Silla, generale e dittatore che vi morì.
Ritornando al percorso cronologico, Cuma tenne testa per lungo tempo ai barbari grazie alla fortificazione, baluardo della cristianità cadde sotto il dominio dei Goti e Bizantini, per finire infine nelle dominazioni longobarde e governata dai duchi di Napoli.
Le scorrerie dei Saraceni le diedero il colpo di grazia. Insediati sull’acropoli dove potevano trovare un rifugio sicuro e nelle gallerie del monte, i pirati seminarono a lungo il terrore, finché nel 1207 Goffredo di Montefuscolo, decise di porre fine alle razzie e alle incursioni, stanandoli nei loro covi, e liberando così il golfo ma a discapito della città che fu distrutta. Da quel momento Cuma fu pressoché disabitata, ed il suo territorio, soprattutto nella parte bassa, divenne un immenso pantano. L’acquitrino e la vegetazione infestante fece il resto.
Solo al principio del secolo XVII con la ripresa dell’agricoltura nel territorio i solchi dell’aratro portarono alla luce rovine di statue, colombari ed ipogei della necropoli romana. Secondo una leggenda fu un pastore che decise di prendersi quel terreno per coltivare e mentre dissestata le zolle di terra si imbatte nella statua-busto di Giove (oggi conservata nel Museo Archeologico di Napoli). I primi scavi iniziarono nel 1852, durante i lavori di bonifica, con la scoperta di tombe preelleniche e pitture osco-campane, colombari di età romano repubblicana ed imperiale, addirittura scheletri privi di testa (inspiegabile).
La ritroviamo nella storia durante la Seconda Guerra mondiale, sfruttata per la sua posizione strategica, e usata come bunker per l’utilizzo di cannoni.
Dell’età greca non rimangono che pochi avanzi come fortificazioni in blocchi squadrati di tufo risalenti al V secolo a.C. e riutilizzata dai Romani. Ne sono un esempio il Tempio di Apollo e di Giove, i quali hanno subito riutilizzo sannita e poi romano, ma trasformati soprattutto nel V e VI secolo d.C. come chiese cristiane secondo lo schema basilicale. È anche il luogo dove, secondo la tradizione, fu ispirato da una visione Il Pastore di Hermas, uno dei primi scritti cristiani.