Tra le strade affollate il palazzo Spinelli di Laurino è ubicato sul Decumano Maggiore, ovvero su Via dei Tribunali. Fu eretto nel XV secolo, e restaurato e decorato su commissione di Trojano Spinelli intorno alla metà del XVIII secolo. Sul progetto del duca è il cortile, unico a Napoli, a pianta ellittica (unico in forma palladiana) adorno in alto di statue e stucchi con le virtù e al centro l’Immacolata Concezione.

Nella fascia alta un orologio maiolicato (da Granatiello a Portici) e nella fascia mediana, una serie di bassorilievi in marmo bianco e incorniciati di piperno, che rappresentano il ciclo della vita utilizzando momenti mitologici del mondo classico. Nello stesso cortile si trova la cappella di famiglia, chiusa oramai da anni.

Notevole è lo scalone sanfeliciano a doppia rampa: la prima, in asse con la parete di fondo e la rampa successiva, si apre con duplice prospettiva e come sfondo ha dei cippi romani in due nicchie. Sotto la balaustra un bellissimo affresco (da restaurare) e intorno le statue in nicchie delle ave del casato, al primo piano presso l’appartamento ducale, sul portone di ingresso il busto della moglie del duca Donna Ottavia Calabritto, che porge la mano di invito ad entrare, e a leggere l’epigrafe: “Ospiti non guardate la ricchezza della casa ma l’eleganza della forma”.

In fondo al cortile un muro divide dall’androne di un altro palazzo che fu costruito in anni recenti sul giardino del palazzo ducale Spinelli Laurino. In questo meraviglioso palazzo dove sono stati girati moltissimi film, si racconta la leggenda del fantasma di Bianchina. Questa docile e semplice cameriera che serviva la duchessa Spinelli, discendente del grande duca Trojano, la quale era, a sua volta una donna avida e violenta fu più volte punita dalla sua signora.

Un giorno per uno sguardo prolungato, che la povera cameriera incrociò col marito della nobildonna, si cacciò nei guai. Andato in guerra il duca, la moglie decise di punire la cameriera facendola murare viva nel palazzo, nel cortile ove si trovano i ceppi romani, ma la giovine prima di essere chiusa dietro la parete tombale, urlò un anatema: “Tre giorni prima e tre giorni dopo, ad ogni momento felice della tua progenie, io arriverò e porterò dolore” (‘A tre ghiorne d’allerezza, ‘a tre ghiorne de’ tristezza, tu e tuje’ me’ viderraje’). Non passarono che un anno e quando, la nobile diede una festa pe il fidanzamento della figlia, tre giorni è prima accaddero strani avvenimenti, oggetti si rompevano, vestiti bruciati, ombre e urla nel palazzo fin quanto la nobile il giorno prima della festa vide apparire la giovine, vestita di bianco e pallida, il suo fantasma la condannò alla morte… e mentre la signora beveva, si strozzò.

Ancora oggi la famiglia e chi vive in quel palazzo, ricorda che più volte nei giorni di festa accade qualcosa di spiacevole, o tre giorni rima o tre giorni dopo e qualcuno dice di vedere uno spirito bianco… anzi di Bianchina.

Articolo precedenteIl Cinghiale indiavolato sotto la Pietrasanta
Articolo successivoIl gotico padano con Il Signor Diavolo