Le continue scoperte di reperti e siti archeologici comportano una continua rivisitazione delle civiltà più antiche e la riscrittura dei nostri libri di storia.

Ogni volta che ci arrivano notizie  di scoperte di interi siti archeologici e o di reperti, ci accorgiamo che la storia che abbiamo imparato leggendo i testi scolastici deve essere continuamente aggiornata, se non addirittura cambiata. Nel contempo, rimaniamo attoniti di fronte alle recentissime scoperte e il sapere che pensavamo ormai certo e cristallizzato in ben determinate epoche remote sembra non più tanto scontato né immutabile.

L’archeologia, appunto, ha questo compito: lo studio scientifico delle civiltà antiche mediante “le tracce delle rispettive culture”. Ma quali sono mai queste tracce? Si tratta naturalmente di monumenti, mosaici, sculture varie, suppellettili del passato; tracce di antichi insediamenti, iscrizioni. L’archeologia si estende dalle civiltà biblica, orientale, egiziana, classica, cristiana, ecc., alla Paleontologia e persino alle strutture industriali del passato: in quest’ultimo caso si tratta dell’archeologia industriale, anche in relazione al suo impatto sul territorio.

Partiamo dalla sua etimologia greca: “arkaios” vuol dire antico e “logos” vuol dire discorso o studio. Come detto l’archeologia è una vera e propria scienza che studia tutte le civiltà e le culture umane del passato e le loro relazioni con l’ambiente circostante, proprio “attraverso la raccolta, l’analisi, la documentazione delle tracce materiali lasciate da queste”: vi rientrano anche i resti biologici e umani. Il termine “archeologia” è stato sempre utilizzato dagli storici antichi come “discorso sul passato”. Persino lo storico greco Tucidide si serve delle testimonianze materiali come prova per una ricostruzione logica del passato.

Tucidide in particolare fu un militare ateniese e uno storico del V°secolo A.C., rimasto celebre per un capolavoro storiografico che ancora oggi è considerato una fonte importante per la ricostruzione di vari eventi storici dell’Antica Grecia. L’Opera è ”La guerra del Peloponneso”, ove si parla della guerra tra Peloponnesi e Ateniesi, della Tassaglia, dell’Attica, dell’antico popolo dei “Pelasgi”, di Omero, degli Elleni, ecc. ma vengono commessi anche errori storici; si pensi, ad esempio, alla convinzione secondo cui l’eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei, Ercolano, Stabia e Oplonti, sarebbe avvenuta il 25 agosto del  ’79 d.C., anziché il 25 ottobre del ’79 d.C. , come dimostrato recentemente. (ultima fase eruttiva, successiva alla prima fase del 24 ottobre). Le tracce materiali ritrovate dopo il 2010 ci dimostrano, invece, una realtà storica diversa; in particolare il ritrovamento di frutta secca carbonizzata, di bracieri, utilizzati per il riscaldamento, di mosto invecchiato ancora sigillato dei “dolia” portarono gli storici a supporre che in realtà quella drammatica eruzione vulcanica sia avvenuta proprio il 24 ottobre del ’79 d.C. ( prima fase eruttiva), quindi in pieno autunno. Secondo Alberto Angela, ancora, della lettera di Plinio il Giovane a Tacito non c’è più traccia. Fa fede la copia più lontana nel tempo, la prima.

L’Amanuense che la scrisse sbagliò. Invece “di nove giorni prima delle calende di novembre” come appare in altre copie successive, era stato segnato, “di settembre”. La ricerca della verità storica è continua ed estenuante, ma  può durare anche decenni,  come ci spiega anche Angela. Come si è accennato la datazione storica di un evento talvolta viene avvalorata da sole eventuali fonti scritte e iconografiche. Quindi  l’archeologia fa da supporto alla storia e può cambiarla a livello scientifico.

 

 

Fonti: Libro di Alberto Angela – Tucidide “La guerra del Peloponneso” su Pompei.

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