Nessuno conoscerebbe la vita dei 5 imperatori senza l’ausilio di storici, quali Tacito, Cassio Dione e Svetonio. La loro vita è piena di ombre e luci. Al centro dell’attenzione vi sono la loro smania di potere e gli strumenti, spesso disumani e atroci, di cui si servirono per assicurare la successione ai loro figli maschi. E già! A Roma imperava il maschilismo e i Romani mal sopportavano donne che avevano anche le qualità degli uomini.

A quell’epoca non sono esistite ufficialmente imperatrici, ma solo di fatto (si pensi ad Agrippina, madre di Nerone, e a Livia, madre di Tiberio). Per assicurare il titolo di imperatore ad un figlio maschio si faceva di tutto, fino a sopprimere gli altri figli pretendenti o lo stesso imperatore (si pensi all’eliminazione di almeno due figli fi Giulia, figlia di Augusto e Scribonia, da parte di Livia).

Emblematica è la morte di Augusto, seppure a tarda età: qualche storico ha parlato di morte naturale, qualche altro ha avanzato una ipotesi di omicidio.

Agrippina Minor, partorita da Agrippina Maior in un campo militare sul Reno, è l’unica a conoscere la completa verità sui 5 imperatori, affidata ad un’opera famosa, ma non pervenuta purtroppo fino a noi: i Commentarii.

Solo alcuni fatti, probabilmente tratti dai “Commentarii”, furono riportati dagli storici, che non hanno mai smesso di parlare di questa donna eccezionale, con grandi doti politiche e culturali. La pratica dell’omicidio per assicurarsi la successione nel governo dell’impero romano diventò una pratica ricorrente anche nei secoli successivi al primo secolo D.C. Spesso la morte venne per gli imperatori mal visti dall’esercito o dal Senato, se non dallo stesso popolo (si pensi alla fine di Nerone).

Queste ombre all’interno del grande impero romano spesso offuscavano la gloria di Roma e le sue vittorie militari conseguite su popoli di razze e costumi diversi. Ormai erano lontani i tempi della Repubblica, i tempi in cui i plebei lottarono per strappare concessioni e benefici ai patrizi, i tempi delle guerre civili (Mario e Scilla), i tempi dei tribuni della plebe, di Spartaco, di Muzio Scevola.

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