12 Giugno 1889: il cuoco Raffaele Esposito, della pizzeria Brandi, viene convocato al Palazzo di Capodimonte – tramite una lettera – dal capo dei servizi di tavola della Real Casa Camillo Galli allo scopo di preparare, per Sua Maestà la Regina Margherita, le sue famose pizze.

Quel giorno di cento trentuno anni fa, la famosa pizza Margherita – chiamata in tal modo in suo onore – composta di pomodoro, mozzarella e basilico ne ha fatta di strada, tanto che l’Unesco – dopo molti sforzi – ha infine inserito l’arte dei pizzaioli nel patrimonio immateriale dell’umanità.

Ma oggi, per colpa del lungo periodo di lockdown dovuto al Covid-19, il possibile futuro di circa 63mila pizzerie e di 200mila addetti è a rischio, dato che la chiusura forzata dei locali ha finito per produrre un impatto devastante non solo sulle imprese e sull’occupazione, ma anche sull’intero sistema agroalimentare, dato il blocco di un importante sbocco di mercato per tale prodotto.

Prima della pandemia, in Italia venivano sfornate qualcosa come otto milioni di pizze; a causa di essa gli italiani, non volendo rinunciarvi, hanno provato a farla in casa, permettendo così il raddoppio delle vendite di preparati per pizze (+101%) nei supermercati, ricorrendo in seguito prima alla consegna a domicilio e poi all’asporto.

Nonostante la riapertura delle pizzerie, però, il ritorno a una potenziale normalità – per via della chiusura di molti uffici e della ridotta presenza di turisti stranieri, in particolare di quelli americani, da sempre tra i più accaniti consumatori di pizza – risulta difficile, mettendo a rischio un settore che fatica a rimettersi in piedi.

Come diceva Eduardo de Filippo, nel finale di Napoli Milionaria: «Ha da passa’ ‘a nuttata!»

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