San Giovanni a mare

“Li femmene la sera di san Gianne
Jevane tutte ‘nchietta a la marina
Allere se ne jeano senza panne,
cantanno sempe maie la romanzina.”

(Dai versi del Velardiniello poeta napoletano del cinquecento)

Nella chiesa di San Giovanni a mare, nell’antico  Borgo del Moricino, nel 1300, Santa Brigida , venuta dalla lontana Svezia, pregava innanzi ad un  miracoloso crocifisso . La chiesa, che nel periodo più antico era dedicata  a S. Maria Avvocata, era annessa ad un ospedale  per l’accoglienza dei cavalieri di Gerusalemme provenienti dalle Crociate. La chiesetta era sorta  sull’antica via delle “Saglioccole” che lambiva il mare. Su quella spiaggia , i mercanti Arabi vendevano le loro mercanzie e le loro stoffe già nel medioevo. In questi luoghi  sorgevano le più antiche corporazioni di mestieri con i loro banchi, i negozi di orafi, argentieri, giubbonari, chiavettieri. La chiesa è una delle poche testimonianze rimaste dell’ arte romanica a Napoli.

Origini

 Già In alcuni documenti del 1186 e del 1231  la chiesa viene descritta come annessa ad un ospedale dell’Ordine dei Gerosolimitani,  antico ordine religioso cavalleresco, nato nel periodo delle crociate poi trasformatosi in Ordine di Malta. L’ ospedale e convento sono  rimasti  attivi fino al XIX secolo, quando un editto Napoleonico ne decretò la chiusura. Tutti gli immobili espropriati furono trasferiti  allo stato. Sulla sua reale  origine  non si hanno  notizie certe. La chiesa durante la sua lunga vita ha subito innumerevoli trasformazioni  e restauri. Dopo il sisma del 1980  è stata  abbandonata   per decenni e solo negli ultimi anni, dopo lunghi interventi di restauro, il luogo di culto è stato riportato all’antico splendore. La chiesa serba tuttora la sua forma antica  ed è pregevole per i reperti emersi durante il suo restauro.

Capitello romanico

Notizie della chiesa da antiche guide:

Pietro de Stefano  da ” descrittione de luoghi sacri della città di Napoli con li fondatori di essi” anno 1560  scrive :

Santo Giovanni a Mare è una chiesa sita appresso la chiesa di Santo Eligio; nel presente è
posseduta per la religione gierosolimitana et n’è priore lo illustre e reverendo fra Lamberto d’Oria dela natione genovese. Ho fatto ogni diligenza non ritrovo memoria per scrittura di tale fundazione, ne ho messo   cosa   vera fermezza per lo ciò è vero che unitamente si narra ,perchè alcuni hanno opinione che detta chiesa da principio sia stata fundata privatamente e dopo  lo detta religione pigliata in sua protezione  e ampliata”; altri vogliono il contrario, che dal principio perdetta religione sia stata edificata sotto il titulo di Santo Giovanne Battista.

D.Cesare D’Egenio  da Dalla  Napoli sacra del  1623 scrive :

“Oltre questa chiesa essere antichissima ben dalla fondazione di lei non abbiamo potuto sapere  cosa alcuna.”

Nella pianta Baratta del 1628 è contrassegnata dal numero 214
Pianta Baratta 214- Francesco Divenuto – s. Giovanni a mare Chiesa presso s. Eligio, posseduta dai cavalieri della religione Hierorosolimitana,.et pare fondata dalla nobile famiglia D’ Alemagna ,servita da 10 preti ,et è grange della parrocchia di s. Arcangelo degl’Armieri. Vi sono 4 confraterie, del Giesù di  di s. Gio. battista, di s. Maria del bisogno e dell’ Asspntion della Madonna , maritano zitelle.

La chiesa è ampliata e restaurata nel 1336 da fra’ Domenico Alemagno altre modifiche  nel 400  furono effettuate da fra’ Giovanni Battista Carafa. Pur subendo  trasformazioni,  è restata sempre nella sua semplicità originaria. Una delle poche la cui architettura non è stata stravolta dalla corrente barocca. In quel periodo furono solo impreziositi  qualche altare con marmi di pregio.  In questa chiesa è sepolto il Balì dell’ ordine di Malta Michele Reggio.  Durante l’assenza  di re Carlo di Borbone,  impegnato nella battaglia di Velletri, il Reggio  rimase come  viceré del regno e per quel  periodo il suo buon governo rimase  proverbiale.

Il periodo di massimo splendore

A partire dal XIV sec. ogni anno si  destinavano  molti fondi  per decorare la chiesa. Nobili e reali facevano a gara per abbellirla  nelle sontuose e mirabili feste di San Giovanni.  In  realtà non si trattava di opere di grande pregio. A partire dal 1690, dopo l’ abolizione  della festa di San Giovanni, la corsa agli abbellimenti si fermerà e  molte delle decorazioni aggiunte verranno rimosse durante i lavori di riammodernamento di metà ottocento. Come già accennato durante il decennio francese venne espropriata insieme all’ ospedale. Al ritorno dei Borbone   non viene  restituita ai cavalieri dell’ ordine di Malta. Re Ferdinando li riteneva responsabili della capitolazione ai francesi   dell’ isola di Malta, antico feudo del Regno di Sicilia.

Il congresso di Vienna

Nel congresso di Vienna del 1815 i vincitori inglesi  pretesero la cessione dell’isola in cambio  dell’unificazione del Regno di Napoli con quello di Sicilia sotto la corona Borbonica per la formazione del nuovo regno delle due Sicilie. Nel 1828 la chiesa sarà  affidata alla Diocesi di Napoli .

Il Risanamento

Durante il Risanamento a cavallo tra ’800 e ’900 il tessuto urbano della zona è stravolto e l’intero complesso venne ridimensionato, relegando la chiesa ad essere soffocata tra i nuovi palazzi. Il luogo di culto venne progressivamente abbandonato,  fino ai restauri post-bellici e a quelli per riparare i danni del terremoto del 1980.

“Marianna ‘ a capa ‘e Napule”

Da Afrodite , a Partenope  a Donna Marianna …..simbolo della città.

Davanti alla chiesa accanto all’ingresso, oggi leggermente sotto il livello del piano stradale, scorgiamo una imponente testa marmorea di donna. E’ la copia di uno dei monumenti più affascinanti della città, diviso fra storia e leggenda. L’originale oggi è esposta a Palazzo San Giacomo, ed è  nota come “Donna Marianna ‘a cap’ ‘e Napule”. La scultura faceva parte di un gruppo più ampio che raffigurava la sirena Partenope.  E’ Stata ritrovata  intorno al 1594 nella zona dell’Anticaglia e mostra i caratteri stilistici tipici della scultura tardo-ellenistica. Sin da subito, sarà denominata  ‘a cap’ ‘e Napule, associata alla figura della Sirena Parthenope , emblema femminile della città, ma la scultura in realtà rappresenta Afrodite, la cui statua doveva essere posizionata all’interno di un tempio della Neapolis romana.

Varie ubicazioni della statua

Verso la fine del XVI secolo, grazie all’interessamento del nobile  napoletano Alessandro Di Miele, la testa è sistemata su una base in piperno nei pressi della Chiesa di Sant’Eligio Maggiore. Durante i moti insurrezionali guidati da Masaniello, nel 1647, durante La “Serenissima monarchia repubblicana di Napoli” sarà  brutalmente privata del naso da alcuni soldati spagnoli, ripristinato solo negli anni cinquanta dell’800, grazie ad un maldestro restauro.  Nello stesso secolo sarà  posizionata di fronte alla Chiesa di Santa Maria dell’Avvocata, dove era presente anche un busto di Sant’Anna, ed iniziò ad essere chiamata Donna Marianna, unendo il culto per le due sante Maria ed Anna .Durante la festa di Sant’Anna le popolane la abbellivano con fiori e nastri e vi danzavano intorno.

Marianna simbolo della rivoluzione francese

Alcuni studiosi affermano invece che la denominazione Marianna  derivi dalla rivoluzione francese e che fossero stati i giacobini  durante la repubblica del Partenopea del 1799 a denominarla così in quanto La Marianne,  é il simbolo che  personifica la Francia,  il simbolo della  libertà, Durante il  secondo conflitto mondiale la statua, situata nella zona del porto, subì forti danni e nel 1961 entrò a far parte della collezione del Museo Filangieri. In seguito é stata   spostata a Palazzo San Giacomo dove erano gli antichi ministeri Borbonici, poi trasformato in Municipio della città . Le numerose vicende che raccontano di Donna Marianna hanno contribuito a renderla celebre e le donne con la testa grossa vengono apostrofate con :“pare donna Marianna, ‘a Capa ‘e Napule!”.

Giuseppe Sigismondo  da descrizione della città di Napoli e i suoi borghi  1788  scrive  :

“Fu questa fondata nel 1336 dal cavaliere fra Domenico Alemagna, che fu nominato
commendatore della antica chiesa di San Giovanni ch’era quivi presso, oggi detta Santa Maria dell’Avvocata; ampliata poi da fra Giovan Battista Carafa. Oggi è commenda e priorato di detta religione, ed è la chiesa dedicata a San Giovanni Battista, protettore anche della nostra città; nella vigilia del quale santo sino al 1632 si son fatte in Napoli sollennissime feste a spese del popolo; e quivi portavansi in detto giorno i viceré pro tempore a visitare il santo, passando per archi suntuosissimi, parati, fontane, statue equestri ed altro, che per alcune date piazze superbamente vedevasi .La chiesa serba tuttora la sua forma gotica ed è pregevole per l’antichità. Nella cappella rimpetto la porta allor che s’entra vedesi un quadro della Circoncisione del Signore, di fra Michelede Nigris  scolare del Solimena; a sinistra e propriamente rimpetto il maggiore altare osservasi il sepolcro di don Michele Reggio”.

Gaetano Nobile da descrizione della città di Napoli e delle sue vicinanze  1863  scrive  :

Di fronte e poco più giù, sino al secolo passato si vide un’antica chiesetta dedicala a s. Giovanni ,dove era uno spedale che raccoglieva gl’ infermi pellegrini di Gerusalemme, ed apparteneva a ’prodi cavalieri di Malta i quali presero quindi ad officiare nella prossima chiesa di S. Giovanni a mare, Domenico Alemagna commendatore dell’ordine. Fin d’allora la prima nominata chiesetta fu accomodata ad uso del popolo e l’altra servì a’ cavalieri gerosolimitani, e vi dovette esser congiunto un picciolo spedale; di che a me è paruto vederne nelle cobbole di romanzatori e menestrelli.

S’introdussero pure in certe contrade, degli abusi, sotto pretesto d’onorario, e fuvvi un ballo che prese il nome di ballo di S. Giovanni, in Germania ed in Italia. Nella vigilia della festa del Santo si accendevano grandi fuochi, e vi si danzava intorno tutta notte, e faceansi pasti a sbevazza sicché ebbri in lin e prendean femmine ed uomini a correre le contrade, profetando le più grandi stranezze del mondo.  Queste aberrazioni di menti cieche non si fecero grandemente maledire presso di noi: ma gli antichi napolitani contentaronsi sino al 1632 di fare quella notte solennissime feste per mare e per terra.  Alla chiesa di S. Giovanni a mare traevano i Viceré e tutta la Feudalità napolitana, e il sentiero che dovean percorrere era adornato con archi e trofei, fontane, statue equestri, e luminarie da gareggiare con lo splendore del giorno. Celebre è la prodigiosa liquefazione del sangue del Battista.

 

 Festa di San Giovanni a mare 

 Le prime testimonianze della ” festa a mare ”, come era chiamato dai popolani  risalgono al 400 aragonese. Alcune cronache raccontano che nella notte tra il 23 e il 24 giugno, era in uso per le donne e per gli uomini dell’epoca festeggiare nei dintorni della chiesa e tra canti e balli, fare il bagno nudi sulla spiaggia proprio davanti alla chiesa. La festa era anche chiamata la “Bona” e i balli erano l’ ‘mpertecata” e la “ntrezzata”. I festeggiamenti duravano un ottavario ( una serie di otto giorni dedicati alle preghiere) ed iniziavano con la funzione in chiesa e la processione con la miracolosa statua del Santo ricca di argento, oro e pietre preziose

I re di Napoli il giorno di S.Giovanni  visitavano la chiesa in forma pubblica.

Nel 1653 tale doveva essere la sfrenatezza della festa da indurre, il viceré Garcia de Haro Sotomayor, conte di Castrillo, su pressione del cardinale e di sua moglie Maria de Avellaneda Delgadillo (notoriamente bigotta) a vietare sia i balli che l’usanza del bagno nudo in comune, perché promiscuità di homini et femmine procurava inquietudini e turbamento.

*Dalla gatta cenerentola di Roberto De Simone 1976

E la luna e la luna
Tutt’ ‘e femmene stanno annura.
All’annura e senza panne
Mo’ ch’è ‘a festa e san Giuvanne.
San Giuvanne san Giuvanne
*E’ ‘na crapa ca se scanna
E’ nu cuollo senza capa
E’ nu cuollo è nu cuollo,
primma è tuosto e doppo è muollo
*Primma è tuosto primma è tuosto
Comm’ abballa ‘o sango nuosto.

La notte di San Giovanni 

Fuochi nella notte di San Giovanni

Sicuramente la festa ha origini pagane poi integrate nella religione cattolica. In quei giorni   si festeggiava l’inzio del  il solstizio d’estate, caratterizzato dal giorno più lungo e la notte più corta dell’anno; esso ha rappresentato fin dalla più remota antichità un periodo molto particolare  ed  un’esoterica “porta degli uomini”. Una notte magica carica di fascino e di mistero. Le cerimonie della festa a mare o della Bona  come già accennato duravano un ottavario e all’Eletto del Seggio del Popolo spettava l’onore di aprire la processione. Il corteo partiva dalla Chiesa di San Gregorio Armeno (dove erano custodite le reliquie del Battista) per poi raggiungere  l’antichissima chiesa di San Giovanni a Mare.

Qui, su questa lingua di terra e sabbia, oltre le strade ornate dai paratori e l’incredibile folla, si poteva ammirare lo spettacolo delle galere e delle barche dei pescatori uscire dal porto e illuminare con le loro fiaccole la meraviglia del Golfo.

Bibliografia:

Pietro de Stefano  da ” descrittione de luoghi sacri della città di Napoli con li fondatori di essi” anno 1560

D.Cesare D’Egenio  Dalla  Napoli sacra del 1623.

Giuseppe Sigismondo Descrizione della città di Napoli e i suoi borghi – 1788

Getano Nobile- descrizione della citt àdi napoli e delle sue vicinenze divise in xxx giornate vol.ii 1863

 AA.VV.  – Napoli Sacra  vol 9   Elio De Rosa editori 1994

Francesco Divenuto – Napoli sacra del XVI secolo – Edizioni scientifiche italiane 1990

Francesco Ceva Grimaldi“Della città di Napoli dal tempo della sua fondazione  sino al presente” – 1857

Foto:

Dall’ archivio personale dell’autore

Estratto pianta Bartatta : Gallica BNF (Biblioteca Nazionale di Francia)

 

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