Gli archeologi della Louisiana State University in questi ultimi mesi hanno riportato alla luce delle “cucine di sale” dove la procedura della salamoia avveniva in grossi tegami di argilla, insieme a edifici dal tetto di paglia, preservatisi nelle profondità marine del Belize in condizioni di forte umidità. Tale ricerca mira a comprendere i processi di produzione del sale e il suo trasporto nelle aree continentali, e la datazione al carbonio radioattivo dimostra una sequenzialità nella loro costruzione durante il periodo tardo classico della civilizzazione Maya, proseguito fino all’ultimo periodo della civiltà quando i governatori persero il controllo sui propri territori con l’abbandono degli attorno al 900 d.C.

La disposizione degli edifici scoperti dimostra grandi similitudini con il sito archeologico di Sacapulas in Guatemala, facendo comprendere meglio le funzioni del complesso: alcuni erano dimore, altre cucine per la bollitura del sale o per altre attività di conservazione del cibo, come la salatura del pesce. Nel dettaglio si dimostra interessante una costruzione divisa in tre aree: una prima adibita alla bollitura, una seconda utilizzata come abitazione e una terza esterna dove il pesce si salava e seccava.

Oltre a dimostrare l’importanza di datare al radio-carbonio e localizzare individualmente artefatti sul fondale marino e nei siti sommersi per scoprirne l’uso, la ricerca degli studiosi evidenzia i processi di produzione del sale e il suo trasporto nelle zone non facilmente accessibili, allo scopo di permettere alla popolazione dei Maya di utilizzarlo sulle loro tavole, affinché non mancasse un bene necessario alla sopravvivenza.

FONTEcambridge.org & lsu.edu
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