In un mondo così misterioso, esoterico e immaginifico dove le tradizioni e gli usi e i costumi sono madidi di malie e sortilegi, di fantasie e desideri a Napoli non poteva mancare una donna, strega e maga del Vesuvio.

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Nel 1858 il vulcano che domina la linea di costa del Golfo di Napoli e le ridenti e storiche città costiere esplode in una delle più pericolose eruzioni. La lava che fuoriuscì fu tanta da riempire il “Fosso Grande”, un antico ed invalicabile burrone, difficile da raggiungere. Da quel momento la leggenda vuole che gli abitanti di tutta la zona vesuviana iniziarono a sentire un urlo terrificante.

Questo grido di una persona sembrava che stesse patendo una sofferenza indicibile durante la quiete notturna, soprattutto quelle notti particolarmente buie e definite dal popolo scure. Terrorizzati alcuni contadini locali decisero di setacciare la zona per scoprire cosa succedesse. Nulla di fatto, non trovarono nessuna persona e nessun’altra cosa.

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Dopo giorni di discussione decisero allora di rivolgersi ad una fattucchiera che viveva alle pendici del Vesuvio, chiamata la “vecchia ‘e Mattavona”. La donna accolse la richiesta di aiuto e dopo aver pronunciato alcune formule arcaiche, il terribile urlo cessò. Dal quel giorno tutto tornò alla normalità.

Questa fu la prima volta che si sente parlare di questa strega del Vesuvio, ma in verità un’altra maga soggiornò nell’area vesuviana ed era chiamata “’A Ciaciona” di Ercolano ed un’altra vecchia maliarda sarebbe vissuta a Torre del Greco, conosciuta col nome di Donna Teresa.

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La sua leggenda è così famosa che Carl Barks, celeberrimo disegnatore della Disney, modellò su di lei un personaggio altrettanto famoso: la strega Amelia, colei che ammalia, accompagnata dal famiglio Gennarino, un corvo senziente. Per ritrovarla nel film d’animazione “Totò Sapore e la magica storia della pizza”, dove viene raccontata la storia di un giovane cantastorie napoletano vissuto alla metà del XVIII secolo che incontrerà Vesuvia, un’entità stregonesca completamente ricoperta di magma incandescente.

Della strega disneyana addirittura è possibile da qualche tempo visitare la casa percorrendo il suggestivo sentiero della Riserva Tirone, sentiero che collega la Strada Provinciale Vesuvio con la Strada Matrone di Trecase. Questa è stata ricavata all’interno di una delle casematte poste a quota 500 metri che venivano utilizzate nella seconda guerra mondiale come postazione antiaerea, si trovano alcune sagome tridimensionali, la scopa della fattucchiera, il corvo Gennarino e il pentolone degli incantesimi nonché alambicchi e filtri magici.

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Particolare sono l’etimologia dei nomi di Amelia e della Mattavona: per Amelia il principio è dal nome Amalia (di origine ostrogota ‘attiva, laboriosa’) e si arriva a malìa (dal latino malus), che fa ammalare, ma dolcemente. Da qui a fattucchiera, donna che esercita, o si crede che eserciti, le arti magiche, compiendo malie e stregonerie. Nel secondo termine, ovvero, Mattavona, il nome probabilmente è di origine tardo latino che ha radice in da bonus> vonus (bona, neutro plurale, cose buone, cioè fatture volte al bene), tanto presente anche in molti cognomi meridionali.

Sia essa leggenda, sia essa ammaliante, sia essa di carne o un disegno dalla fantasia… certo è che il Vesuvio nasconde in sè una forza trainate e spettacolare ricco di MAGIA.

FONTElabussolanews; vesuviolive; wesuvio; stylo24; vocedinapoli; ilmattino; napolimillionaria;
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