Il Medioevo potrebbe riassumersi in un affresco di immensa bellezza sia per la realizzazione e sia per il suo messaggio che viene descritto tra i colori caldi, freddi e terricci utilizzati dall’autore. Quest’opera è l’Allegoria del Cattivo Governo che viene sempre unito all’altro Allegoria ed effetti del Buon Governo, che si trovano nel Palazzo Pubblico di Siena. Il ciclo di affreschi di Ambrogio Lorenzetti è databile al 1338-1339, e dovevano ispirare l’operato dei governatori cittadini che ivi riunivano, esso è composto da quattro scene disposte lungo tutto le tre pareti della sala del Consiglio dei Nove detta anche della Pace. Essi hanno un chiaro effetto didascalico, non a caso sono popolate da personaggi allegorici facilmente identificabili con carattere laico, infatti è definita la prima opera totalmente laica nella storia dell’arte medievale.

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L’Allegoria del Cattivo Governo pone al centro siede in trono la personificazione della Tirannide (Tyrannide), figura mostruosa con le zanne, le corna, una capigliatura demoniaca, gli occhi strabici e i piedi artigliati, con ai suoi piedi una capra nera demoniaca accasciata, antitesi della lupa allattatrice dei gemelli. Sopra di lei volano tre vizi alati, sostituitisi alle tre virtù teologali dell’altro affresco che rappresentano: l’Avarizia, con un lungo uncino per arpionare, la Superbia con la spada e un giogo, e la Vanagloria con uno specchio per ammirare la propria bellezza materiale. Seduti da sinistra la Crudeltà intenta a mostrare un serpente ad un neonato; il Tradimento con un agnellino tramutato in scorpione (simbolo di falsità); la Frode con le ali e i piedi artigliati; il Furore con la testa di cinghiale (l’ira bestiale); la Divisione con la sega, ed infine, la Guerra con la spada, lo scudo e la veste nera. Sotto troviamo invece la Giustizia che è a terra soggiogata.

Questo affresco vera rappresentazione di anni del Medioevo si potrebbe riassumere nella vita di alcuni Mostri che seguono in questo articolo.

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Il Duca Guarnieri d’Urslingen, definito signore e fondatore della Gran Compagnia (o della Corona), fondata dopo vera combattuto nel 1342 al servizio di Pisa nella guerra contro Firenze per Malatesta III, conosciuto da tutti come il nemico di Dio e della pietà e della misericordia. Addirittura si fece incidere questo motto nell’insegna d’argento che recava sul petto. Egli si dimostrò degno di quelle parole nel corso delle sue innumerevoli guerre a cui prese parte in Italia durante il Trecento. A capo di migliaia di mercenari tedeschi, magiari ed italiani, seminò la morte nelle regioni della Toscana, dell’Umbria, dell’Emilia, della Romagna, dell’Abruzzo, del Lazio, della Puglia e della Campania. Fu ripagato oltre dai ricchi bottini che andava accumulando senza rispetto di niente e di nessuno, dei compensi dei Comuni e signori che se ne contendevano i servigi (e furono in tanti). Fu più volte catturato ma pagando lauti riscatti in denaro ottenne la libertà. Morì nella sua terra natale in Svevia.

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In particolare, fu al servizio del re Luigi I d’Ungheria contro il Regno di Napoli, poiché costui volle vendicare la morte del fratello Andrea, ucciso dalla moglie Giovanna I d’Angiò. A capo di 500 cavalieri, affrontò diverse battaglie contro gli Angioini in Abruzzo. Dopo due mesi di battaglia riuscì ad arrivare nei pressi di Napoli, dove venne affrontato dalle milizie di Luigi di Taranto. Le operazioni si conclusero con la conquista del Regno ed il ritiro di Luigi di Taranto a Capua, ma l’anno successivo, nel 1348, l’Urslingen venne arrestato e imprigionato con l’accusa di connivenza con la regina Giovanna d’Angiò e il suo nuovo marito, Luigi di Taranto (rifugiatisi in Provenza), per questo venne liberato e licenziato con la sua compagnia.

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Rimanendo a Napoli non possiamo non parlare di Giovanna Durazzo D’Angiò, ricordata ai posteri come Giovanna II detta la pazza. Sposata più volte, per mantenere sia il trono e sia per interessi politici, visse in un periodo difficile sia Italiano e sia per il suo regno sempre in crisi. Lo scoppio delle ostilità è soprattutto legato all’incrinatura nei rapporti fra la regina e il papa Martino V, eletto al soglio pontificio alla ricomposizione dello Scisma d’occidente. Martino V chiese alla regina sostegno economico per la ricostituzione del suo esercito. Giovanna, istigata da ser Gianni Caracciolo, negò l’aiuto al pontefice, che, incollerito, decise di passare alla rappresaglia. Trovare sostenitori non fu difficile. Nei racconti orali popolari, gli episodi più oscuri sono relativi proprio a Giovanna II, che, forse per la sua propensione alle relazioni discutibili che ebbe con molti uomini, si prestava ad incarnare i vizi che le venivano attribuiti. La regina avrebbe posseduto creato negli anni un’alcova di amanti di ogni genere ed estrazione sociale, addirittura rastrellati dai suoi emissari fra i giovani popolani di bell’aspetto.

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Per tutelare il suo buon nome, Giovanna non avrebbe esitato a disfarsi di loro appena soddisfatte le sue vogli e che a Castel Nuovo, noto come Maschio Angioino, usufruisse di una botola segreta dove gli uomini o venivano gettati e divorati da coccodrilli o vi cadevano a tranello e il condotto fosse ricoperto di lame che li facevano a pezzi. Altra leggenda, che si intreccia con accadimenti storici, fu la distruzione della città di Satrianum. La città venne quasi del tutto rasa al suolo, oggi rimane la torre normanna a ricordo, quando la regina andando a trovare il nobile Baronetto del quale si era innamorata scoprì che questi non corrispondeva perché si era invaghito della damigella di corte Seal, così punì tutto il popolo e la città.

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Infine, l’antipapa Clemente VII, ovvero Roberto di Ginevra detto il boia di Cesena. Un alto prelato colmo di ricchezze ed amante della guerra. Roberto combatté tutta la vita per farsi riconoscere come papa legittimo al posto di papa Urbano VI. Spese con i soldi del clero esose somme di denaro per mantenere un vasto esercito di mercenari gravando sia sulla diocesi con imposte e con oboli dei fedeli. Dopo la morte di Gregorio XI, Roberto partecipò al conclave del 1378 e riconobbe l’elezione di papa Urbano VI. In breve tempo provò ripugnanza per il comportamento di Urbano e cominciò a organizzare contro di lui una rivolta, cosicché quando, il 20 settembre 1378, un gruppo di cardinali francesi, riuniti a Fondi in opposizione a Urbano, gli offrì il trono pontificio, Roberto accettò e si fece eleggere con il nome di Clemente VII, dando così inizio allo Scisma d’Occidente che sarebbe stato destinato a durare quattro decenni. Nell’aprile del 1379 le truppe a lui fedeli subirono una sconfitta a Marino per opera di quelle di Urbano VI ed egli fu costretto a rifugiarsi a Napoli, dove tentò di opporsi a Urbano VI con l’aiuto dei baroni a lui fedeli e della regina Giovanna I. Non essendovi riuscito, stabilì la propria sede ad Avignone. Tentò di togliere a Urbano VI la sede romana e per questo cercò di incoraggiare i francesi a occupare Napoli, promettendo in cambio a Luigi I d’Angiò.

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Alla morte di Urbano VI nel 1389, Clemente tentò di essere riconosciuto come unico papa legittimo, ma Roma elesse papa Bonifacio IX, senza tentare nessuna ricomposizione dello scisma, mentre Napoli fu ripresa da Ladislao di Durazzo-D’Angiò. Fra i suoi tanti misfatti attraverso le sue soldataglie, che passava in rassegna come un comandante, fu la brutale repressione nei confronti della città di Cesena nel 1377. Dopo la promessa di perdono, l’insurrezione degli abitanti fu soffocata nel sangue, senza risparmiare nessuno. Il Massacro dei Bretoni, noto anche come Sacco dei Bretoni o Strage di Cesena, fu un eccidio che ebbe eco in tutta Europa. Definito “macellator caesenatum” pretese ed ordinò il saccheggiò e la distruzione della città, e la morte senza distinzione, infatti si ebbero oltre 4.000 morti e di altrettanti deportati tra la popolazione civile e delle campagne circostanti.

Il Cattivo Governo come si legge è lambito da affari di stato, interessi e guerre, ma anche da intrighi e dalla corruzione della carne e della superbia, in cui i mostri intrisi in ognuno prendono il sopravvento grazie alla Tirannide.

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