Girando per le strade del centro storico di Napoli è possibile vedere non solo tradizionali vicoli e antichi palazzi secenteschi, ma anche parti di muri di opus quasi reticulatum, opus latericium, e così via. Si trovano un po’ dappertutto e spesso sono state utilizzate come basi per altri tipi di costruzioni che si sono sovrapposte e moltiplicate in tutti questi secoli. Qua e là emerge l’antica Palepoli e Neapolis. Scommetto che se si scavasse ancora tutto il centro storico, emergerebbe una intera antica città, prima greca e poi romana. Ne è un esempio pratico la “Napoli sotterrata”, costituita da antiche strade di epoca romana che si trova proprio sotto la chiesa di San Lorenzo Maggiore, al centro di via Tribunali. La Napoli dai mille volti, dalle mille tradizioni e leggende, la Napoli sacra, profana, esoterica, non smette mai di meravigliarci. Sappiamo che i Romani scoprirono il cemento (opus caementicium), costituito da un vero e proprio impasto fluido di calce, sabbia e acqua, colato in casse di legno per ottenere le strutture portanti, talvolta curve. Il cemento però poteva anche essere amalgamato con pietrisco e frammenti di laterizio e versato proprio fra due muri laterali di contenimento che costituivano poi da paramento esterno. Malta e tufelli: la malta era costituita da una miscela di legante (cemento), acqua, sabbia e additivi, in determinante proporzioni tali da garantire resistenza allo stato asciutto, dopo l’indurimento. I tufelli: piccole piramidi tronche a base quadrata in pietra che costituiscono un paramento. Paramento: ognuna delle superfici laterali di una struttura muraria.

Ma quali erano queste antiche tecniche?

Erano varie: opus incertum, quadratum, quasi reticulatum, mixtum, latericium, vittatum. Con l’opus caementicium e le malte si usarono parametri fatti da elementi di dimensioni ridotte. L’opus incertum era costituito da tufelli piramidali, con il vertice inserito nel nucleo cementizio del muro e la base irregolare in vista. Esempio concreto di questa tecnica usata nel II° secolo a.C. è il tempio della Magna Mater, che si trova a Roma.

Opus quadratum: si trattava di strutture in blocchi regolari di forma parallelepipeda, utilizzate nei secoli fine VII e inizi VI. Questa tecnica si trova, per esempio, nelle mura serviane a Roma. Opus quasi reticulatum tecnica utilizzata per lo più nel II° secolo a.C. nei paramenti di muri in opera cementizia notiamo una concreta tendenza alla regolarizzazione della parte a vista, mediante la realizzazione di tufelli con base quadrata. Si evidenzia qui l’opus reticulatum, in cui i giunti tra i tufelli si collegano in una linea praticamente continua, formando una rete; esempio concreto di tale tecnica è la Fonte di Giuturna, ubicata nel foro romano. Opus mixtum: risulta dall’unione fra opus incertum reticulatum e si sviluppò alla fine della Repubblica e fra l’età dei Flavi e quella di Antonino Pio. Praticamente si usava rinforzare l’opera reticolata con fasce orizzontali di mattoni o tegole fratte. Opus latericium: dalla fine della Repubblica si cominciarono a vedere le prime “cortine” di tegole fratte sostitutive delle pareti a bocchetti di tufo. Esempio concreto di tale tecnica è costituito dai castra praetoria dell’età di Tiberio. (a Roma). Opus vittatum: fu una tecnica diffusasi nel IV secolo d.C. il paramento era costituito da fasce orizzontali di mattoni, alternate con parallelepipedi di tufo disposti in fasce orizzontali.

Già nel secolo I° a.C. si affermò l’uso di bollare i mattoni e le tegole con un vero e proprio marchio di fabbrica. I bolli dalla forma rettangolare allungata, divennero, secoli dopo, di forma circolare. A parte l’attuale esistenza di costruzioni romane edificate con le citate tecniche, va evidenziato che tutti i ponti romani sparsi in tutto l’impero, furono edificati proprio secondo quelle tecniche: opus quadratum, incertum, quasi reticulatum, reticulatum, vittatum, caementicum, e così via.

 

Fonte: Storici Romani come Tacito e Tito Livio.

 

 

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