Il concetto di eroismo nel pieno del Medioevo richiama ad un fenomeno: la Cavalleria medievale. Questa ha un fascino che tuttora continua a esercitare in noi, legata all’esistenza di modi di pensare, di interi schemi concettuali a essa legati. Questi elementi non si ritrovano in testi storici, ma nell’esaltazione romanzesca.

romanzi cavalllereschi roland fonte ph: cinquecosebelle.it

Basti pensare al ciclo arturiano, un miscuglio di Cavalleria cristiana e di mitologia cletica nordica una vera manna nel campo d’indagine dei filologi romanzi e degli studiosi del mito.

La nascita di moltissimi Ordini Cavallereschi è sicuramente una certezza del concetto di eroismo? Indubbiamente questi erano formati da uomini in carne e ossa, con tutti i difetti del caso. Ma la Cavalleria, per molti di noi, è più una dimensione dello spirito che un elemento della realtà empirica.

Ma l’eroe è colui che protegge gli uomini, servo e homo novus mentre l’antieroe viene descritto come deforme e con pochi capelli; il primo avrà “l’aspetto imponente” oppure “la luminosa chioma”, in piena mentalità della cultura eroica omerica. Invece, nel Medioevo tutto si stravolge. L’Eroe cavaliere viene descritto con la potente arma, con l’armatura lucente. Ma questa stessa corazza molte volte riflette la luce del sole, e può avere il riflesso della luna nera. Essa è riverbero di chiarore che cela l’animo nero. L’eroe che salva ha in serbo il malore della vita, il dolore, la rabbia e l’ira, che consumano lacerando la mente e il cuore, in uno stato catatonico di morte che trascina le sue vittime come ombre dietro di sé. L’anima impura appare radiosa, e l’energia e la forza mascherano come un elmo il vero volto, sbandierando un cimiero fittizio in cui si scoprirà non essere il liberatore e il salvatore, ma difensore dei propri interessi.

Tra questi Mostri del Medioevo, che finti eroi difendevano il loro territorio e la loro gente, si celavano uomini distruttivi che dilaniavano il destino degli altri.

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Ivan il Terribile un nome che dice tutto. Il primo degli Zar, Ivan IV si meritò dal popolo l’appellativo di Groznyj, il Terribile, più che per le tante guerre condotte per conquistare vari territori in ogni direzione, lo ebbe per i suoi accessi di collera e lotta senza quartiere contro i boiardi, la potente e riottosa aristocrazia russa. Il termine a lui legato in russo “strašnyj” o “užasnyj”, deriva da strah (paura) oppure užas (terrore).

Ivan eliminò fisicamente i boiardi servendosi di una milizia di fedelissimi, la cosiddetta truppa di Satana, e ne furono uccisi a migliaia, espropriandoli le loro terre con conseguenti carestie ed esodi di massa. Gli stessi nobili, molti a lui apparentati, che gli avvelenarono la madre Elena, che aveva la reggenza. l clima di sospetto ed intrigo in cui Ivan IV si ritrovò a vivere durante la sua infanzia segnarono perennemente la psiche del giovane Zar: da qui, prima ancora che dal mero calcolo politico, nacque il suo odio esasperato contro le famiglie nobiliari e la strenua diffidenza verso tutto il genere umano. La città di Novgorod che aveva usato ribellarsi allo Zar, venne saccheggiata e distrutta e nessuno degli abitanti scampò al massacro. Il fervore religioso di Ivan lo spingeva ad uccidere chi mancava alle funzioni, gli piaceva visitare le camere di tortura nei sotterranei del palazzo di corte. La sua truppa del Demonio circolava vestita completamente di nero e avevano come segni distintivi una scopa e la testa di un cane, che simboleggiavano allegoricamente la loro missione: fiutare il tradimento e spazzarlo via. Portavano queste effigi sulle selle dei loro cavalli, soprannominati Neri dell’Inferno. Il più famoso tra i comandanti di queste bande fu Maljuta Skuratov, spietato esecutore degli ordini dello Zar e suo uomo di fiducia.

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Si racconta che picchiò la nuora incinta provocandole un aborto solo perché indossava abiti troppo vistosi, e quando il figlio lo seppe litigò violentemente con il padre, quest’ultimo lo colpì con un bastone causandone la morte. Disperato per ciò che aveva fatto, Ivan iniziò a vagare per i corridoi del suo palazzo imperiale, urlando, sbattendo la testa contro i muri e dicendo che non era degno di essere lo Zar di tutte le Russie. Riunì in seguito i boiardi, annunciando che voleva abdicare e chiedendo loro di scegliere il proprio erede. I boiardi, temendo di essere accusati di complotto, rifiutarono di adempiere alla sua richiesta. Tre giorni prima della morte Ivan aveva cercato di stuprare Irina, sorella di Godunov e moglie di Fëdor, i suoi due consiglieri, poi morì e dai rilevamenti odierni alle ossa è stata trovata una dose massiccia di mercurio. Eppure come accennato questo cavaliere nero e demoniaco, divenne nel tempo per i russi il padre fondatore salvatore, un eroe tale da rientrare nelle favole e fiabe a proteggere i deboli.

Lorenzo di Credi, Ritratto di giovane donna o la Dama dei gelsomini (forse Caterina Sforza), fonte ph: wikipedia

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo” disse ad un frate, Caterina Sforza detta la Tigre guerriera. Si racconta che gettasse gli ospiti indesiderati nei pozzi del suo castello dove sul fondo vi erano lame affilate, e che avesse costruito il maniero Girone in una sola notte con l’aiuto il diavolo. Però il pozzo, assai profondo, esiste davvero, ma ingombro di macerie. Un documento dell’epoca ne attesta la profondità in 95 braccia fiorentine, pari a 55 metri. Legata a queste dicerie ella era una donna fuori dal comune, sia per la bellezza che per la superba e la spregiudicata. Caterina Sforza era una fiera padrona di Imola e Forlì del ‘400 che riuscì a proteggere con indomita astuzia e coraggio, ma soprattutto con il suo inesauribile spirito vendicativo, le sue terre. Non si fermò davanti a nulla, vendicò la morte del marito che fu vittima di una congiura catturando a uno a uno, tutti coloro che vi erano coinvolti. Così fu anche quando le uccisero l’amante, la sua ira portò a cancellare intere famiglie, comprese donne e bambini, di cui non si ricorda neppure il nome perché avevano partecipato all’omicidio. Combatté in prima persona per difendere i suoi possedimenti contro il famoso e non da meno Cesare Borgia, guadagnandosi l’appellativo di Tigre. Caduta l’ultima resistenza e fatta prigioniera fu liberata dai francesi, ma muori senza riuscire a riprendersi le sue città.

Castello di Imola. Fonte ph: mitiemisteri

Di grande intelletto, colta, si occupò a lungo di erboristeria, medicina, cosmetica e alchimia, tanto da lasciarci un libro: Experimenti della excellentissima signora Caterina da Forlì, composto da quattrocentosettantuno ricette che illustrano dei procedimenti per combattere le malattie e per conservare la bellezza del viso e del corpo. Con le sue formule singolari ed enigmatiche, il ricettario ci fornisce interessanti informazioni, oltre che sugli usi e costumi del tempo, anche sullo stato delle conoscenze scientifiche del XV secolo: in alcuni procedimenti sono intuite delle scoperte importanti, che verranno fatte solo molto tempo dopo, come ad esempio l’uso del cloroformio per addormentare il paziente: chissà su quanti l’avrà testato! Oggi, agli incauti che si avventurano all’interno del Castello Sforza e si avvicinano ad una stretta e buia scaletta, il suo fantasma appare in cima oscurando tutto improvvisamente, in modo da impedire a chiunque di avvicinarsi alle sue dimore segrete.

Ma quando le virtù del coraggio e della giustizia sono servi dell’appannaggio personalistico e dei propri interessi, anche se questi difendono un popolo, e l’eroe mira ad avere solo un gregge utile per la propria signoria, allora l’armatura di cavaliere che lo ricopre non brilla di abnegazione ed ammirazione, ma cigola di ruggine intrisa di sangue.

FONTErinabrundu.com; wikipedia; medioevomisterioso; proloco-castrocaro.it; mitiemisteri.it; cinquecosebelle.it; pinterest;
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