Tutto si fermò in quel giorno fatidico (24 agosto o 24 ottobre) del 79 D.C..

La vita ad Ercolano pullulava ed ogni abitante attendeva alle proprie faccende, ignaro di ciò che poche ore dopo sarebbe avvenuto. La catastrofe vulcanica che colpì Ercolano abbatté muri, scardinò porte, scoperchiò i tetti delle case.

Però le altissime temperature sviluppate dal predetto fenomeno (almeno fino a 500° centigradi) hanno lasciato dei segni particolari: l’originale conservazione di materiali organici, diversamente da Pompei.

Infatti sono stati ritrovati cibi combustibili, papiri, tavolette cerate, parti di mobilio, tutti carbonizzati. Addirittura sono state ritrovate parti lignee di antiche serrande di chiusura delle botteghe, montate su appositi binari di scorrimento, prova dell’antica conoscenza anche di queste tecniche. In effetti i flussi piroclastici ad alta temperatura in venti ore hanno sommerso l’antica Ercolano, sigillandola entro un enorme deposito vulcanico, addirittura alto almeno 20 metri.

Tracce di questo deposito sono ancora visibili in alcune parti delle Terme allora con veduta sul mare antistante. Come si sa, Carlo di Borbone nel 1700 diede inizio alle esplorazioni per cunicoli sotterranei, condotte da ufficiali del Genio con una numerosa schiera di soldati e forzati. La tecnica utilizzata era semplice: per accedere al livello delle antiche strutture, venivano praticati pozzi verticali lungo i quali gli addetti si calavano legati a semplici corde di canapa, mediante un apposito organo. Arrivati al livello da esplorare, scavarono cunicoli. Quando si scopriva una struttura con reperti, l’area dei cunicoli veniva opportunamente ingrossata, riempendo poi i cunicoli già percorsi con materiali di scavi di altre gallerie. Secondo gli studiosi, oggi dell’antica Ercolano sono visibili sono 5 ettari dei venti originari. La difficoltà di effettuare altri scavi risiede principalmente nella circostanza che al di sopra dell’area scavata e da scavare esiste l’attuale Ercolano.

L’antica città contava almeno 4000 abitanti. Dopo il ritrovamento di centinaia di scheletri, sottoposti a particolari tecniche di conservazione, nelle grotte antistanti il porto di Ercolano, gli studiosi dedussero che una parte della popolazione cercò sicuramente rifugio in esse, non sapendo che la morte sarebbe arrivata certamente, grazie alle alte temperature dei flussi piroclastici.

Forse qualcuno provò ad allontanarsi con barche, ma non ce la fece.

Dell’antica Ercolano ricordiamo anche la grandiosa biblioteca, pervenuta a noi solo in parte ed appartenente ad una struttura denominata “Villa dei Papiri”, ancora oggi oggetto di scavi. In base ad una ricostruzione virtuale, la struttura doveva essere originariamente grandiosa.

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