Nino Manfredi & Alberto Sordi.
Due grandi attori, facenti parte, insieme ad Ugo Tognazzi e Marcello Mastroianni, della pattuglia dei cosiddetti “grandi interpreti della commedia all’italiana”.
Due artisti dotati di uno stile recitativo completamente agli antipodi con il primo sanguigno, potente e “popolare”, mentre il secondo assai più contemplativo e psicologico, sempre dedito alla costruzione dei personaggi.
Difficile pensare di riuscire a farli lavorare insieme in un film, data la loro “caratura stilistica”; ma, se a tentare un tale miracolo è un regista come Ettore Scola – coadiuvato alla sceneggiatura dal grande duo Age & Scarpelli – una tale, rischiosa impresa può davvero dar vita a un capolavoro.
Fausto di Leo, un editore romano, decide di partire per L’Angola per scoprire che fine ha fatto suo cognato, Oreste Sabatini detto “Titino”, partito tre anni prima e di cui sono sparite le tracce, nonostante le varie ricerche.
Accompagnato da un suo dipendente, Ubaldo Palmarini, di Leo finirà per pentirsi di essersi imbarcato in quello che credeva un’impresa alla “Cuore di Tenebra”, dato che, appena inizierà a fare il nome di Titino, si ritroverà braccato peggio di un animale da tutti coloro che lui ha ingannato e truffato, in un crescendo tragicomico di grande epicità.
Solo dopo aver patito le pene dell’Inferno, riuscirà finalmente a ritrovarlo presso una tribù nella quale ha assunto il ruolo di stregone, e sarà solo con una immane fatica che riuscirà a convincerlo a tornare in Italia, dopo aver rischiato che uno dei tizi che ha truffato riesca a vendicarsi.
Ma, sulla nave, Sabatini deciderà di tornare dalla tribù che lo ha accettato per quello che è, mentre Fausto, dopo tutto quello che ha affrontato, riuscirà a riscoprirsi uomo per la prima volta dopo tanti anni, decidendo di affrontare la vita non più in maniera passiva, ma di affrontarla a testa alta, tentando di non farsi più schiacciare dalla moglie e dagli altri.