Home Altro Timbrare il cartellino per altri, è un reato di TRUFFA!

Timbrare il cartellino per altri, è un reato di TRUFFA!

I “Furbetti del cartellino” non demordono ed ancora oggi sono numerosi i casi in cui si timbra la presenza di altre persone.

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Ormai da tempo i “furbetti del cartellino”, dipendenti di Amministrazioni pubbliche centrali e locali, non hanno alcuna intenzione di desistere da questa pratica illegale di timbrare la presenza in servizio per altre persone. Neppure lo spauracchio di alcune leggi speciali in materia di licenziamento dal posto di lavoro, come la “Legge Madia” di alcuni anni fa, è servito ad eliminare il fenomeno, che, peraltro, non riguarda la stragrande maggioranza dei dipendenti pubblici che svolgono quotidianamente il loro lavoro. Per l’articolo 604 del codice penale “chiunque, con artefici o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, viene punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con una multa. La pena e la multa sono aumentate se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro Ente Pubblico, ecc”.

Questo delitto è punibile a seguito di querela della persona offesa. Aggravano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze aggravanti speciali una serie di circostanze. Tra queste, per esempio, “l’avere approfittato di circostanze di tempo, di luogo, o di persona, anche in relazione all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa”, o l’avere “nei delitti contro il patrimonio, o che offendono il patrimonio, ovvero nei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante gravità”. Il delitto è punibile anche senza querela della persona offesa nel caso di queste due ultime circostanze descritte. Anzi la dottrina prevalente “rincara la dose” ed estende il reato di truffa a “qualsiasi simulazione o dissimulazione o subdolo espediente messo in atto per indurre taluno in errore, ciò anche se si tratta di silenzio o reticenza, se sono violazione di uno specifico obbligo giuridico di comunicazione”. La sua punibilità deriva dalla concreta lesione dell’interesse pubblico a che non venga poi leso quel dovere di lealtà, di correttezza, e la libertà di scelta dei contraenti.

Dunque la norma penale dell’articolo 640 è chiarissima.

A livello disciplinare, il dipendente pubblico che falsamente attesta la presenza in servizio di altre persone rischia il licenziamento per giusta causa, se questa attestazione risulta effettuata fraudolentemente. Infatti, in tal caso, risulta provato il “grave intento doloso” del dipendente pubblico che voleva indurre in errore il proprio ente per la propria presenza in servizio, mediante la timbratura da parte di un altro collega. Sono responsabili naturalmente sia il collega che ha compiuto l’illecito con la timbratura che quello assente, ma risulta poi presente in modo illecito. Peraltro, del reato risponde anche chi ha voluto agevolare tale illecita condotta, come ad esempio, il dirigente che non ha voluto controllare o ha fatto “finta di niente”. In questo caso verrà notificato all’infedele il provvedimento di licenziamento senza preavviso e nei suoi confronti verrà sicuramente promossa un’azione di risarcimento del danno alla immagine della P.A.. Nelle more dell’esecuzione, del predetto provvedimento, la P.A. danneggiata sospenderà cautelativamente il dipendente pubblico. Una precisazione è doverosa: viene sempre rispettato il diritto del lavoratore ad essere ascoltato in contraddittorio, a seguito della contestazione per iscritto dell’addebito disciplinare. Il fine di lucro è evidente in questi casi e riguarda proprio la retribuzione dovuta al dipendente dalla P.A., che andrebbe a remunerare anche le “presenze illecite” del furbetto.

Si ventila che la timbratura relativa alla presenza di un dipendente pubblico non darà più spazio ad episodi di illeciti, in quanto avverrà con la “impronta della mano”, ma sempre dietro formale autorizzazione del Garante per la Privacy.

Attendiamo tutti questo lieto evento, nell’interesse prevalente della P.A. e dei cittadini.

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