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Te ‘nzerre dint’ ‘o Surraglio!

Dalla minaccia napoletana al Reala Albergo Reclusorio dei Poveri

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Quante volte abbiamo sentito, tremanti, questa frase: te’ ‘nzerra dint’ ‘o surraglio oppure te’ chiuede o’ serraglio?

Una esclamazione sentita dalla bocca minacciosa della mamma o della nonna, o scherzosa del nonno che non solo ti incuteva paura, ma ti lasciava l’ombra del sospetto che potesse avvenire.

Già l’utilizzo del verbo ’nzerrare, che vuol significare per chiudere a chiave era sicuramente più incisivo ed imperativo del semplice ‘chiudere’. Questo serrare è un’alterazione del latino di bassa epoca che in Francia diviene serare, ovvero “fermer avec una barre”. Traducibile nel nostro italiano con inserrare, che nel dialetto partenopeo prenderà, troncando, ‘nserrare, per poi traslare la consonate s con la z.

Ma dov’era il Serraglio, che cosa era, e chi ci finiva dentro veramente?

Questo era chiamato anche Reclusorio, ma da tutti conosciuto come Real Albergo dei Poveri o Palazzo Fuga.

Il più esteso palazzo monumentale di Napoli e costruzione settecentesche d’Europa. In verità nacque con concezione illuministica per ospitare ed aiutare i meno abbienti. Inizialmente, era legato allo sviluppo della prima industrializzazione, dove si voleva attuare la politica di rieducazione dei detenuti e sul suo valore terapeutico del lavoro. Si aggiunse poi un altro scopo, assicurare agli orfani della Santa Casa dell’Annunziata, accolti a partire dal 1802, i mezzi di sussistenza e l’insegnamento di un mestiere che li avrebbero potuti rendere autonomi nella vita quotidiana. Ma nel tempo divenne un vero e proprio carcere, un serraglio.

Venne etichettato come tale perché una volta entrati, non era più possibile uscire e di conseguenza una vera e propria prigione. Al suo interno vi era una rigorosa divisione fra uomini e donne, con due porte di ingresso differenti, vi erano regole serissime. Oltre al lavoro (mestiere) pratico si aggiungeva anche lo studio teorico.

Inoltre, la struttura nel 1838 fu creata una scuola di musica, una scuola per sordomuti, un Centro di Rieducazione per Minorenni, un Tribunale competente a giudicare le cause riguardanti i minori di diciotto anni, un cinema, delle officine meccaniche, una palestra, un distaccamento dei Vigili del fuoco e l’Archivio di Stato di Napoli civile.

Forse proprio per l’esistenza di questa realtà, il Centro di Rieducazione per Minorenni, ha lascito ulteriormente giocare di fantasia il popolo, con la famosa esclamazione di punire i fanciulli.

Nel 1857 le persone al suo interno divennero più di 5000 e le condizioni sanitarie incominciarono ad essere sempre più scarse, per non parlare dell’alimentazione, infatti, molti incominciarono ad ammalarsi.

Inizialmente erano malattie poco gravi, ma non vi erano abbastanza soldi per curarle. Le regole non furono più rispettate e gli stessi sorveglianti non riuscivano a farle rispettare. Divenne un luogo dove si commettevano furti o ci si prostituiva, tana fu l’aggravarsi della situazione, che nell’agosto del 1866 le autorità dovettero sedare una rivolta nata fra le mura. Da questo evento fu definitivamente chiuso l’edificio.

Quindi rischiare di essere chiusi, inserrati dentro al Reclusorio… v’è indubbio che aveva il suo fascino spaventoso, e sono sicuro che molti ragazzini si saranno calmati pur di non finire dentro o’ Surraglio!

Fonte foto: Wikipedia.org

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