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Mamma do’ Carmene!

16 luglio Festa della Madonna del Carmelo: tra invocazione e salvezza

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Chi non ha mai pronunciato o sentito pronunciare almeno una volta: ‘Mamma do’ Carmene!’. Quella che può sembrare l’urlare il nome invano della Madre di Dio, per i napoletani è un conforto, un rifugio e un protettivo che da subito, da piccini, si impara come tale. Non è una bestemmia, è pura esclamazione popolare che serve all’individuo per sentirsi avvolto come il ‘divino figlio’ nelle braccia di colei che intercede e protegge.
Tornando indietro nel tempo, in Palestina sul “Monte Carmelo” si rifugiarono, per vivere la loro vita religiosa, alcuni cristiani, subito dopo la morte di Gesù, e decisero di costruire un santuario dedicato alla Vergine che prese così il nome di Vergine del Carmelo. La tradizione poi ci racconta che alcuni monaci, fuggendo dalla persecuzione dei saraceni, vennero in Napoli, portarono con sé un’immagine della Madonna da essi venerata. Rifugiati presso la marina fuori la città in una piccola cappella preesistente dedicata a san Nicola, vi si insediarono e collocarono l’immagine della Madonna in un luogo detto “la grotticella”.
La rappresentazione di questa Madonna dall’incarnato bruno che stringe suo figlio porgendo vicino il suo viso a quello del pargolo, divenne per i napoletani quel valore aggiunto ad eleggerla quale Mamma e non Madre o Madonna. Nel contempo il 16 luglio del 1251, giornata in cui si festeggia la Madonna del Carmelo o Carmine, la ‘divina Madre’ apparve a San Simone Stock e gli consegnò lo scapolare che libera dal Purgatorio, ovvero un abito che si indossa in onore dei Santi e della Vergine per devozione. Questo divenne il segno distintivo dell’Ordine e della Confraternita del Carmelo.


Questo evento si ricorda con i festeggiamenti ogni anno nella notte del 15 luglio. Da decenni nella città partenopea sia fedeli che curiosi attendono il famoso incendio al campanile della Chiesa del Carmine Maggiore, situata nei pressi di Piazza del Mercato. Alle 22.00 in punto, tutte le luci della piazza si spengono lasciando nel buio la gente, improvvisamente grazie ai fuochi di artificio lo spettacolo di fiamme arde il cielo di stelle. Tutto ha inizio quando ‘o sorece, ovvero il razzo che dà il via all’incendio, viene lanciato dal terrazzo in direzione del campanile dove sono le campane. Un’esplosione di mille gocce di fuoco cadono colorate dal campanile che avvampa di fiamme. Una stella di fuoco arriva verso la simbolica icona della Madonna Bruna, che una volta vicina alla torre campanaria mette fine all’incendio. Una metafora di quelle parole della Beata Vergine quando parlò al santo inglese, mentre gli dava lo scapolare: “Chi morrà vestito di questo abito, non soffrirà il fuoco eterno”.
Il silenzio cala sulla folla degli astanti, c’è chi si fa il segno della croce, c’è chi bacia l’effige della Madonna, c’è chi appagato sorride e s’avvia alle bancarelle ricche di leccornie. Una storia che si ripete da anni, partendo dai pescatori che costruivano un fortino di legno da incendiare, quando ancora non vi era neppure il campanile. Quante le preghiere e i voti dei napoletani, come pelle, ricoprono le sale intono all’altare dove è posta la sacra immagine, o come non ricordare la struggente poesia ‘O Mercurì d’’a Madonna ‘o Carmene di Ernesto Murolo con la voce di Tecla Scarano. Un giorno speciale che ricorda uno dei miracoli per i malati nel 1501, dopo essere stata a Roma per l’Anno Santo e aver fatto miracoli lungo il suo cammino. Per questo Federico d’Aragona, ordinò che il 24 giugno, appunto, un mercoledì, tutti i malati del regno si portassero al Carmine per implorare la sospirata salute. Alla presenza dei sovrani e del popolo, durante la consacrazione, un raggio di vivissima luce si posò contemporaneamente sull’icona e sopra gli infermi, i quali in un istante furono guariti o videro alleviati i loro mali.
Quindi, ogni napoletano quando ha il cuore in fiamme per un dolore, una sorpresa, o per il pericolo imminente invoca colei che intercede, difende o accoglie e allieva… chiamandola a sé e per i suoi: Mamma, anzi Mamma do’ Carmene!

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