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La Gajola: leggende misteriose della villa maledetta

Racconti e storie della villa della Gajola di Posillipo

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Quante leggende la nostra città nasconde e racconta nei secoli e tra queste quelle che hanno anche un luogo mistico e un paesaggio straordinario riescono a legarsi nella mente del partenopeo che ben felice le racconta al turista. Proprio di fronte a Nisida, su via Coroglio, si apre la conosciuta Grotta di Seiano e della sua area archeologica e possibile vedere la Gaiola. O se per i più intrepidi balneari è possibile scendere la lunga via stretta per potersi regalare un momento di pausa estiva. Lì, vi è quel tratto di roccia, pozzolana, tufo e pietra con sopra una villa, la Villa Maledetta, che guarda ad arco e guarda il meraviglioso mare limpido e area protetta marina.

Molte leggende sono sorte intorno alla Gaiola o Gajola e c’è chi ci assicura che di notte, quando splende la Luna piena, si sente sopraggiungere la Carrozza Anfibia di un mago, l’illuminista Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero, che fa visita al suo antico ed illustre collega. Dicono che la Gaiola sia abitata dagli spiriti così la villa moderna, rimasta disabitata. L’isola trae la propria denominazione dalla forma delle cavità che costellano la costa di Posillipo (dal latino cavea, ovvero “piccola grotta”, in dialetto “caviola” o gabbia). In origine fu nota come “Euplea”, dal Tempietto di Venere euploea (ovvero navigazione felice).

Nel 1600 è ancora un lembo di terra cosparso di fabbriche romane mentre, due secoli dopo, l’isola divenne batteria a difesa del golfo. Abitata da un’eremita detto “Lo Stregone”, il quale viveva dell’elemosina dei pescatori, che gli lasciavano ‘offerte’ nel cestello appeso a una statua di San Francesco, posta in cima allo scoglietto vicino chiamato Limon (morto quest’uso con una canna retta dalla statua e le offerte venivano utilizzate per la festa del santo).

La proprietà passò nel 1820 l’archeologo Guglielmo Bechi acquistò l’area e portò alla luce alcuni edifici romani rimasti sepolti per secoli, decise di costruire una villa panoramica sul promontorio prospiciente l’isola, e nel farlo incluse sia una cappella dedicata a San Basilio, sia alcuni ruderi romani adiacenti. Alla sua morte la figlia vendette tutta la proprietà al Negri, che nel 1874 costruì la tristemente celebre villa sull’isola.

Da questo momento divenne una sorta di “isola maledetta” soprattutto per la frequente morte prematura dei suoi proprietari: il primo proprietario e costruttore della villa, Luigi de Negri, mandò in fallimento la sua Società della Pescicoltura del Regno d’Italia nel Mar di Posillipo, che aveva sede proprio alla Gaiola. Acquistata dal marchese Tufo scavò una cava di pozzolana proprio tra villa Bechi e lo Scoglio di Virgilio, morto decapitato da un creditore.

Negli 1897, Norman Douglas (autore della Terra delle Sirene) visse nella villa subì un processo per molestie sessuali, poi si trasferì a Capri. Nel 1911 il Capitano di Vascello marchese Gaspare Albenga, per far ammirare la costa alla marchesa Boccardi Doria, fece incagliare l’incrociatore corazzato San Giorgio sulla secca della Cavallara, proprio in prossimità della Gaiola (ricordato nel dramma i Pescatori di Viviani).

Invece per lo svizzero Hans Braun, trovato morto e avvolto in un tappeto e la moglie raggiungendo l’isola con una rudimentale periferica, annegò in mare, dopo essersi spezzata la fune (quando soffia il vento si dice che sia il lamento del fantasma di Lucietta); una barca di scugnizzi marinaretti del collegio Ascarelli-Tropeano furono travolti dalle onde e spinti sullo scoglio; il tedesco Otto Grunback, che morì d’infarto; l’industriale farmaceutico Maurice-Yves Sandoz morto suicida in un manicomio in Svizzera per bancarotta; il barone e industriale tedesco dell’acciaio Paul Karl Langheim caduto in disgrazia dopo le tante feste lì organizzate; Gianni Agnelli che vi fece l’eliporto, si ruppe una gamba e subì la morte di molti familiari e vendette; Paul Getty, magnate del petrolio, la ‘ndrangheta rapì il figlio ed infine Gianpasquale Grappon detto Ninì coinvolto nel fallimento della sua società assicurativa Colombo ed arrestato, mentre la moglie morì in un incidente stradale. Oggi proprietà della Regione Campania.

Infine 2009 il barbaro omicidio di cui sono rimasti vittime l’ex re del grano F. Ambrosio e sua moglie, nella loro tenuta che fa parte infatti della Gaiola, posta di fronte alla villa maledetta, da cui si crede che i killers siano entrati, passando proprio dalla villa e dai suoi ruderi.

Insomma, un luogo ameno e di fascino, trasmuta nella mente della società napoletana in un luogo misterioso e magico, spaventoso e tenebrosa… ma sicuramente sublime.

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