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Il “Mio” Diego: lo ricordo così

Quando cresci con i superEroi

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Le parole che si sono spese sulla vita  e la figura di Diego Armando Maradona, il genio del calcio, il calciatore più forte di tutti i tempi, costituiscono ogni volta un tassello dello sconfinato mosaico su cui è raffigurata splendidamente la sua epopea.

Diego era umano, anche se i piedi rasentavano il divino, e come tutti gli umani aveva le sue debolezze, le quali, è bene rimarcarlo sempre, hanno sempre e solo inciso su di sè, quasi mai hanno coinvolto e fatto soffrire altri.

Questo preambolo per dire una cosa e raccontarne un’altra: Io Ho VIsto Maradona!

fonte ph: archivio Rai

E che fortuna ho avuto! Vi racconto il mio Diego, che dal vivo è durato 90 minuti ma nel cuore una vita intera.

Milano, Aprile 1986, si giocava Milan-Napoli, ed era una bella giornata di sole primaverile; l’avevamo portata noi da Napoli quella giornata, perché noi del sud con le mani vuote non ci andiamo mai a casa d’altri, portiamo sempre un dono, e di doni ne facemmo ben due a Milano quel giorno, il sole e Diego Armando Maradona, aggiungendo pure due gol però.

Il primo lo segnò Bruno Giordano, punta che raramente sbagliava, il secondo lo fece lui, “iss”, “o’ mast”, come tutti a Napoli chiamavano Diego; palla che gli arriva dalla sua sinistra, un po’ forte, stop perfetto di piede, tiro di sinistro (ovviamente), forte e preciso, palo, gol, 0-2.

Nell’intervallo un amico di mio padre mi fece cenno di seguirlo nei pressi dell’area in cui sarebbero usciti i calciatori dagli spogliatoi per riprendere le ostilità nel secondo tempo.

fonte ph: Archivio Rai

Due minuti esatti e me lo vidi passare a non più di cinque metri di distanza, ma io ero dietro la cancellata e non potevo toccarlo; avevo 9 anni, diabetico già da 3 ed era per questo che mi trovavo a Milano assieme ai miei genitori.

Lui si voltò sorrise ed alzò la mano per salutarci; eravamo tantissimi, decine di migliaia, occupavamo infatti l’intero settore dello stadio, la curva, destinato ai tifosi ospiti, e Diego con quel gesto volle ringraziarci per aver fatto tanti sacrifici e tanti chilometri per arrivare fino a Milano, al Nord.

Nel secondo tempo Agostino Di Bartolomei, che nella prima frazione aveva riempito di calci Diego, segnò su punizione il gol dell’ 1-2, dopodiché lentamente col passare dei minuti la partita si spense; avevamo vinto a Milano, in casa dei ricchi, e per una volta ci sentimmo tutti orgogliosi e fratelli in quella curva, anche se non ci conoscevamo affatto, Diego ci aveva reso comunità.

Al ritorno decidemmo di raggiungere la casa di uno dei due amici di famiglia che erano con noi, entrambi cavesi doc trapiantati da anni a Milano, prendendo il tram; avevamo ancora negli occhi le immagini di quelle giocate meravigliose, e ce le raccontavamo così come i bambini fantasticano di super-eroi e fantastiche avventure.

fonte ph: Achivio Rai

Qualcuno però, in quel tram, si accorse che il nostro accento non era propriamente milanese, ma neanche brianzolo nè tantomeno piacentino, e di lì a poco cominciarono a levarsi delle parole:”Terroni, Terremotati, Siete la Fogna d’Italia!

Mio papà,che ‘ sempre stato un po’ fumantino a dire il vero, non riusciva a comprendere il significato di quelle parole, ma lo capì precisamente quando uno dei due amici che ci accompagnavano, guardandolo gli disse: “Angelo, lascia stare“, abbassando subito dopo lo sguardo.

Ma papà non lasciò stare, si avvicinò al tizio che sbraitava come uno preso dal demonio, e minaccioso gli disse: “Che vuoi!, di che parli?,dimmelo in faccia quello che hai detto prima se hai coraggio!” E quello prontamente ripetè le aberranti parole sguaiate un attimo prima; ci vollero due persone per fermare mio padre.

Nello stesso giorno avevo conosciuto l’essenza del calcio e l’essenza di un “paese“. Anche per questo, soprattutto per questo, caro Diego, ti rendo il mio grazie dal cuore, perché, come hanno detto e scritto in molti in questi giorni di dolore e di ricordo: “Ci hai tolto gli schiaffi da faccia“.

(Tutte le fotosono fonti tratte dagli Archivi Rai)

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