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“Hic manebimus optime”.

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Il sacco di Roma del 390 a.C. dovrebbe essere sempre ricordato anche oggi proprio in occasione dell’invasione dell’Ucraina da parte dei Russi. Tutti ricordiamo un antico evento drammatico per la città eterna, un evento indicato dai suoi abitanti come una grande disfatta, in latino “clades”. Fu un episodio che si inserì tra le invasioni celtiche della penisola italiana. Brenno, capo dei Galli Senoni, provenienti dalla loro capitale Senigallia, entrò in Roma sottoponendo la città ad uno storico sacco ed incendio, lasciando i Romani attoniti di fronte ad una tale disfatta. Il Senato romano aveva due decisioni da prendere: abbandonare la città e trasferirsi a Veio oppure rimanerci e costruirla.

L’episodio e la frase pronunciata da un centurione romano in quell’occasione, sono riportati in una nota opera dello storico Tito Livio: “Ab urbe condita libri”. In quel frangente il predetto centurione romano pronunciò appunto la storica frase: “Hic manebimus optime” (qui staremo benissimo). La frase venne sicuramente pronunciata a mo’ di esortazione per i propri compagni, influendo in certo qual modo sulla successiva decisione del Senato romano di non abbandonare la città, e quindi di rimanerci, ricostruendola. Il centurione romano, dopo quel triste episodio, invitò il suo reparto a fermarsi nei pressi della Curia, ordinando ad un Vessillifero a piantare là le insegne. Quella frase ha un significato ben preciso: indica la risolutezza a non abbandonare un luogo o una determinata posizione. Da allora questa espressione, divenuta proverbiale e ripetuta in varie fasi storiche (la ripete anche Gabriele D’Annunzio in occasione della conquista di Fiume), si usa spesso proprio per indicare la ferma volontà a rimanere in un certo posto. La ricordo oggi, pensando alla attuale crisi Ucraino/Russa all’alba di importanti decisioni Internazionali che dovranno essere prese. La risolutezza, infatti, è alla base dei principi di ogni popolo, non nel senso di muovere guerra ad altri popoli, bensì nell’essere fermi a difendere i propri confini nazionali, ribellandosi alla protervia e alle barbarie di popoli che ancora credono nella guerra, come unico strumento di risoluzione di eventuali controversie. Eppure il popolo russo dovrebbe ricordare per l’eternità le due invasioni più celebri del loro stesso paese, quelle di Napoleone Bonaparte e di Hitler. Anche allora la Russia riuscì alla fine a reagire, a riprendersi il territorio conquistato dal nemico, e a contrattaccare riportando celebri vittorie. Strano ma la storia si ripete e l’uomo non trae le giuste conclusioni dalle proprie esperienze negative. In questo momento quindi il mio pensiero va proprio a quella risolutezza racchiusa in una antica frase di tre parole, che dovrebbe essere tesoro non solo dell’Ucraina, ma anche dell’Unione Europea e dei suoi alleati, e perché no, anche della Russia, che con risolutezza abbia coraggio di deporre le armi e di non invadere più l’Ucraina.

 

Fonte: Tito Livio “Ab urbe candita”.

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