I Savoia, attraverso il loro legale, l’avvocato Sergio Orlandi, stanno cercando di riottenere il tesoro rimasto presso il caveau della Banca D’Italia. Nei prossimi giorni è previsto un primo incontro di mediazione per parlare delle “potenziali” modalità di restituzione. Da parte italiana saranno presenti i rappresentanti della suddetta, insieme a quelli della presidenza del Consiglio e del ministero dell’Economia. Una precedente richiesta era già stata avanzata il 29 novembre dell’anno scorso, ma fu bocciata. Come motivazione del rifiuto, le responsabilità del depositario, ovvero la famiglia Savoia, decaduta da casa regnante della nazione italiana. Lo scrigno, che contiene il suddetto “tesoro” ha, al suo interno, 6.732 brillanti e duemila perle, montati su collier / orecchini / diademi / spille.

Al contrario degli altri beni a loro appartenuti in territorio italiano fino al 1946, ciò che riguarda questo tesoro è una questione ancora aperta. Tali gioielli non sono mai stati confiscati, a differenza del resto del patrimonio dell’ex casa regnante dopo la nascita della Repubblica italiana, come sancito dalla tredicesima disposizione finale e transitoria della nostra Costituzione. I preziosi furono affidati in custodia alla cassa centrale, per poter essere tenuti a disposizione di chi di diritto, in quanto rappresentano le gioie di dotazione della Corona del Regno. Tale escamotage fu studiato dall’allora governatore della Banca d’Italia Luigi Einaudi, futuro presidente della Repubblica, per lasciare una porta aperta ai Savoia nel caso in cui avessero deciso di tornare in possesso dei gioielli.

FONTEinitalia.virgilio.it
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