Citando e traslando il titolo di una canzone di Marisa Laurito col testo di Eduardo Alfieri e Salvatore Palomba: il Friariello è una cosa seria, co’ friariello nun sè pazzèa.

Chi si intende di cucina, o è un semplice appassionato che prova ad emulare i grandi chef, conoscono la vera identità di questa verdura. Eppure, ancora oggi sentiamo dire, in televisione o leggiamo su articoli o ricette, la continua traduzione di questa ‘foglia verde’.

Molti li chiamano frigitelli, che invece sono i cosiddetti peperoncini verdi, altri si ostinano a definirli simili ai broccoletti a Roma, broccoli di rapa in Calabria, cime di rapa in Puglia, rapini (o rapi) in Toscana o pulezze nell’Aretino e in Valdichiana.

Un napoletano doc urlerebbe allo scandalo.

Storicamente l’etimologia ci riporta il nome friariello derivante dallo spagnolo “frio-grelos” traducibile in broccoletti invernali, altri storici, invece, ritengono che derivi dal verbo napoletano friggere; ‘frijere. Quest’ultima teoria più veritiera è perché nella tradizione popolare questa verdura, dopo che sono stati ‘ammonnati‘, viene soffritta in olio d’oliva con aglio, sale e un po’ di peperoncino rosso piccante. Generalmente non richiede una preventiva lessatura, anche se alcuni la preferiscono per conferire al piatto finale una maggior tenerezza.

Un prodotto che Apicio, gastronomo e scrittore classico, nel trattato “De re coquinaria” riguardo la cucina dell’antica Roma, esalta la sua bontà, scrivendo testualmente: “post friariellum stabit, post coenam deambulabit“, cioè: dopo aver mangiato i friarielli…. riposa (la pennichella), dopo la cena passeggia. Mentre nel Medioevo la Scuola Salernitana di Medicina, richiama l’attenzione ad un corretto stile di vita e di sana alimentazione mettendo i friarielli tra i cibi di difficile digestione.

Essi sono una specialità coltivati prevalentemente nelle aree interne della Campania, secondo alcuni ricercatori e storici una volta anche nella zona vomerese (in piccola parte perché vi era la presenza da sempre dei broccoli), ma sicuramente ed attualmente nella zona nord-est di Napoli, come Acerra, Afragola, Caivano, Cardito, Casoria e Sant’Antimo. Non da meno sono la fascia appenninica con le province di Avellino e di Benevento, l’agro nocerino-sarnese, in alcune zone della provincia di Caserta (Aversa, Mondragone), e nella piana del Sele. Si tratta di un piatto tipicamente invernale, ma il loro sapore unico è possibile provarlo durante l’anno grazie alla conserva: infatti, alcune massaie dopo la bollitura la cattura li conservano sott’olio in barattoli ben chiusi.

Nella cucina napoletana i friarielli formano un binomio, un matrimonio speciale, quasi indissolubile con la salciccia (semmai arrostita alla brace o in padella), di cui rappresentano il contorno tradizionale che è riuscita ad essere elevata come predominante di una pizza: alla carrettiera (con l’aggiunta grana grattugiata e fiordilatte). Il successo straordinario li ha portati a divenire con questa unione gastronomica a panino, come cibo da strada divenendo un panino tra i più richiesti. In altri casi le rosticcerie ne fanno una variante con l’impasto della pizzetta fritta in agrodolce.

Anche nel passato ebbe tanto successo tanto che nella versione “borbonica” del Casatiello pasquale e nel soffice Panino napoletano fu creata una variante dei piaceri del palato con l’uso dell’imbottitura dei friarielli con salsiccia.

Terminiamo con un modo di dire napoletano che indica persona considerata di scarsa personalità, poco considerata o con vacuità d’intenti: “si nu’ ruoccolo (broccolo), na cima ‘e rapa!“. Ovviamente il richiamo è al dolce sapore delle verdure che deve essere sostenuto dal peperoncino e dagli altri ingredienti… eppure nel tempo anche questa locuzione dialettale viene trasformata dalla presenza dell’agognato friariello. Infatti, si tende a dire oggi: sì ‘nu friariello. In questo caso si intende persona che si espone, ben conosciuta per le sue capacità, ma alla fine di poca sostanza o dalle origini popolari. Sfortunatamente negli ultimi tempi viene utilizzato sgradevolmente per offendere l’orientamento sessuale di una persona.

Insomma, come vedete del friariello potremmo dire non si getta nulla, viene utilizzato dappertutto: dalla cucina alla dialettica, trasformandone significato e significante. Una cosa resta certa, ovvero che il suo sapore resta unico… unicamente napoletano!

Articolo precedenteEspulsione: la frase esatta detta a Maresca
Articolo successivoI primi passi per una SKINCARE ROUTINE a prova di mascherina