La condizione psicopatica, che per tutti oggi si riduce alla Follia o Pazzia, è la mancanza di adattamento che il soggetto esibisce nei confronti della società attraverso il suo comportamento e le relazioni interpersonali. La definizione di follia, in verità, è influenzata dal momento storico, dalla cultura, dalle convenzioni, quindi è possibile considerare folle qualcosa o qualcuno che prima era normale e viceversa. E quale città se non Napoli poteva accogliere nel suo ‘ventre’ una Mostra che ci accompagna nei meandri della mente?

Il “Museo della Follia” a cura di Vittorio Sgarbi, realizzata da Cesare Inzerillo, Giovanni Lettini, Stefano Morelli e Sara Pallavicini, dopo aver attraversato alcune città dell’Italia, celebra un percorso di oltre 200 opere tra dipinti, fotografie, sculture, oggetti e installazioni multimediali, sul tema della follia nella Chiesa di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta su via dei Tribunali a Napoli. Come scrive il curatore Vittorio Sgarbi: “…un repertorio, senza proclami, senza manifesti, senza denunce. Uomini e donne come noi, sfortunati, umiliati, isolati. E ancora vivi nella incredula disperazione dei loro sguardi. Condannati senza colpa, incriminati senza reati per il solo destino di essere diversi, cioè individui. Nella storia dell’arte, anche prima dei casi clamorosi di Van Gogh e di Ligabue, molti sono gli artisti la cui mente è attraversata dal turbamento, che si esprimono in una lingua visionaria e allucinata. Ognuno di loro ha una storia, una dimensione che non si misura con la realtà, ma con il sogno. E quel sogno, con piena soddisfazione, oltre ogni tormento, rappresenta.” 

In questo percorso itinerante ed esperienziale, dove tra i corridoi dal nero intenso si aprono finestre d’arte che ci fanno affacciare nella psiche della storia, l’Arte diviene follia e la Follia è Arte, qui si incontrano autori di grande rilievo della pittura dell’800 fino ai contemporanei. Tanti i nomi quali: Filippo Cifariello tardo neoclassico verista nonché omicida della moglie; Antonio Mancini, Michele Cammarano, Natale Attanasio, Francis Bacon e Venturo Venturini. Insistono nella loro grandezza ad essere al centro dell’attenzione del dramma psicologico e della depressione umana Ligabue e Goya con alcune opere nella mostra con un salto su autori del secolo in corso quali Fabrizio Sclocchini, Giovanni Gasparro ed Enrico Robusti. L’esposizione inoltre celebra la follia napoletana riletta nel ‘genio’, nella ‘superstizione’ e nell’ ‘arte di arrangiarsi’ del napoletano con le opere di Cesare Inzerillo e il suo “Corno Reale” o nella lastra ridipinta del piede di Diego Armando Maradona. Insomma, un viaggio nella pittura che è stata ed è per molti geni incompresi o per veri uomini affetti da patologie psichiche uno sfogo dei sentimenti, dell’emozioni e delle ansie, della depressione, delle paure e della rabbia. «Entrate, ma non cercate un percorso, l’unica via è lo smarrimento» se la frase è un monito o un consiglio che si trova all’ingresso del dedalo artistico, sicuramente questo tragitto, opera dopo opera, costruisce nella nostra mente una visione nuova. Uno sguardo differente che alla fine del percorso non lascia l’amaro e malinconico sapore in bocca ma permette di riconoscere l’altro, il cosiddetto diverso uguale e simile a noi, ma che si esprime con l’Arte in modo Folle.

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